Indagini archeologiche nella chiesa arcipretale della Natività di Maria Vergine di Bondeno (FE)
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sabato 5 novembre 2016, dalle 16 alle 18,30

La Chiesa Arcipretale di Bondeno. Storia, archeologia e restauri
convegno

Sala 2000, viale Matteotti 10 a Bondeno (FE)

Ai saluti del Sindaco di Bondeno, Fabio Bergamini, e dell'Arciprete di Bondeno, Mons. Marcello Vincenzi, seguono gli interventi di
Andrea Calanca (storico), Introduzione storica
Mauro Librenti (Università di Venezia), Le ricerche archeologiche
Giovanni Santarato, Samuel Bignardi, Nasser Abu Zeid (Università di Ferrara), Le indagini geofisiche
Patrizia Polastri (architetto), Il restauro della Torre Matildea
Mauro Sorpilli (restauratore), Il restauro del crocifisso
Le conclusioni sono affidate a Chiara Guarnieri, archeologa della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, direttore scientifico delle indagini archeologiche

L'iniziativa è promossa da Comune di Bondeno, Associazione Bondeno Cultura, Gruppo Archeologico di Bondeno, Rotary Area Estense e Lions Club Bondeno con la partecipazione della SABAP-BO
ingresso libero
per info 320 8058191 danielebiancardiabc@gmail.com 

 

La Chiesa arcipretale dedicata alla Natività di Maria Vergine è il principale edificio di culto di Bondeno. Costruita nel 1114 per donazione di Matilde di Canossa, è dotata di una coeva torre campanaria ed è stata di recente oggetto di importanti interventi di restauro conservativo.
Emblema di Bondeno, l’edificio è in stile Gotico lombardo con rifacimenti nel XV e XVII secolo a cui sono seguiti più corposi ed estesi interventi nel XX secolo.

Ipotesi ricostruttiva dell’evoluzione dell’edificio

Le indagini archeologiche all’interno della chiesa arcipretale di Santa Maria della Natività a Bondeno (FE) sono state condotte nel gennaio 2016 da Mauro Librenti su richiesta dell’Associazione Bondeno Cultura e sotto la direzione scientifica di Chiara Guarnieri, archeologa della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.
Le fonti storiche indicano nel 1114 una data di fondazione certa, con successivi rifacimenti nel XV e XVII secolo, fino agli estesi interventi del XX secolo.
Il lavoro ha comportato l’allargamento di uno scavo precedentemente condotto nella navata, le cui dimensioni (m 2,1 x 1,2) erano causate dalla difficoltà di rimuovere la pavimentazione e dall’impossibilità di far accedere un mezzo meccanico nell’area di scavo. Le indagini archeologiche hanno dunque comportato approfondimenti ed ampliamenti per poter verificare la natura di una serie di elementi evidenziati dalla trincea iniziale.
La trincea è stata eseguita nella porzione mediana della chiesa, nella navata centrale verso il lato meridionale: l'area è stata denominata Settore 1000 in previsione dei futuri interventi programmati.
Nonostante la limitatezza dello spazio, lo scavo ha messo in luce una serie di stratigrafie riferibili a vari periodi.
La sequenza leggibile nel piccolo settore indagato si compone di almeno tre fasi ben distinte, databili tra gli inizi del XII e il XX secolo.

Periodo 1. Appartiene alla fase più antica della sequenza  una notevole struttura muraria, parte in alzato e parte in fondazione. Questa muratura, larga circa 110 centimetri, è stata individuata per una lunghezza di circa 2 metri; pesantemente spoliata nel tratto orientale, conserva però i resti di una porzione in alzato interpretabile come base per un pilastro. La muratura in elevato presenta un paramento murario a sacco in laterizi di modulo medievale, forse con recuperi di età antica. Il modulo dei mattoni, comunque, non è riferibile all’età bassomedievale e risulta leggibile solo in un piccolo tratto, sul lato meridionale del basamento; il lato orientale del pilastro non è chiaramente analizzabile in quanto composto prevalentemente da materiale frammentario.

Il pilastro nell'US 1001
Immagine del pilastro (US 1001)

La struttura individuata è quasi certamente riferibile a un edificio di fondazione medievale, verosimilmente la chiesa matildica del 1114 citata dalle fonti scritte.
Vanno probabilmente associate a questa struttura i resti di una sepoltura a cassa laterizia in mattoni di modulo antico, disposta su un allettamento di calce e pezzame entro un'incisione nel terreno.  È plausibile che la tomba fosse interrata all’interno della chiesa, anche se attualmente non è riconoscibile un livello pavimentale coerente con le strutture. Il primo livello di natura geologica individuato è collocato a una quota di almeno 2 metri e mezzo al di sotto dell'attuale piano pavimentale.
 È quindi plausibile che la pavimentazione dell’edificio fosse rialzata di almeno mezzo metro e che potesse coincidere con la testa della spoliazione del pilastro US 1001.

Periodo 2. Appartiene a questa fase la parziale demolizione dell’edificio, anche se è difficile stabilire esattamente la cronologia dell’intervento per l'assenza di fossili guida di qualche natura all’interno della stratigrafia. Il materiale laterizio recuperato permette di ipotizzare un intervento databile almeno al basso medioevo, visto che i mattoni sono di modulo due-trecentesco.
I lavori di demolizione potrebbero quindi essere riferibili al XVII secolo, quando è attestata una fase di rifacimento del fabbricato. La stratigrafia è inoltre intaccata da un ossario o sepoltura collettiva a camera, un tipo di deposizione che si diffonde prevalentemente dal XVI secolo.
La struttura risulta infine demolita in occasione dell’ultima fase di interventi risalenti al XIX o XX secolo.

L'ossario (US 1003)
L'ossario (US 1003)

Periodo 3.  Questa fase corrisponde sostanzialmente all’edificio attuale: sopra un livello di demolizione (US 1006) venne realizzato un pavimento areato in mattonelle cementizie (US 1004-1005).

Cercando di trarre qualche conclusione dall’indagine archeologica effettuata in questo Settore, possiamo dire che l’evoluzione del complesso è ipotizzabile sulla base di un modesto numero di indizi.
La data di fondazione (1114) parrebbe certa, così come una serie di rifacimenti quattrocenteschi dell’area absidale, ben leggibili da alcuni lacerti di affreschi in corso di restauro e da alcuni elementi architettonici ancora osservabili, come alcune finestre a sesto acuto.
Le trasformazioni sei-novecentesche della struttura, anch’esse attestate da fonti certe, ne hanno compromesso completamente la leggibilità, ma occorre notare che l’esistenza del pilastro rinvenuto in scavo (US 1001), in allineamento con i due esemplari novecenteschi esistenti, lascia supporre una orditura regolare riferibile ancora all’edificio matildico. I pilastri novecenteschi sono posti infatti a un interasse di circa 7 metri, la stessa distanza che separa l’ultimo di questi da quello evidenziato dallo scavo. Poiché di pilastro pare trattarsi, è probabile che fosse seguito da almeno un’altra arcata di 7 metri, dove forse era ubicata la facciata del fabbricato.
Il numero di variabili insite in questi dati potrebbe naturalmente portare a deduzioni e soluzioni diverse ma la posizione dell’abside quattrocentesca, primo intervento significativo noto dopo la fase originaria, sembra fissare almeno il margine orientale della struttura, lasciando anche intuire quella che poteva essere l’originaria posizione dell’abside romanica.