I restauri e la musealizzazione dell'area archeologica della Pieve e della Chiesa di San Giovanni Battista in località "La Piva" di San Giovanni in Galilea (lungo Via la Pieve), frazione di Borghi (FC)
A
poco più di un anno dall'inaugurazione del rinato e rinnovato Museo Renzi, la piccola
frazione di San Giovanni in Galilea, nel Comune di Borghi (FC), si arricchisce
di un nuovo gioiello: la musealizzazione dell'area archeologica della Pieve e
della Chiesa di San Giovanni Battista, in località "La Piva".
I primi scavi archeologici in località "La Piva", risalenti al 1970, avevano
portato alla luce le fondazioni dell'abside semicircolare di un'antica Pieve
bizantina, crollata in seguito a una serie di frane, ci cui l'ultima risalente
al XIX secolo.
L'edificio sorgeva in una posizione strategica, all'incrocio di antiche strade
che collegavano il territorio con la Val Marecchia ed il Montefeltro e con le
valli dell'Uso e del Rubicone. È probabile che la costruzione di un così
imponente edificio sia stata opera dei Bizantini, come elemento cardine di un
progetto di evangelizzazione e ripopolamento del territorio, in un luogo allora
cosi isolato ed impervio, dopo la fine delle disastrose guerre greco-gotiche,
all'epoca dei Vescovi di Ravenna Massimiano e Agnello (546-570).
I primi documenti che attestano l'esistenza di questa Pieve sono due pergamene
del Codice Bavaro, datate tra il 750 ed il 980, e un atto del 970, dove viene
citato «il plebato di San Giovanni in Galilea». Abbastanza numerose sono anche
le citazioni relative ad elenchi di cappelle da essa dipendenti e a registri di
decime pagate dalle chiese della Diocesi di Rimini tra il 1059 e il 1376.
Fino agli inizi del XVI secolo, però, non esistono notizie dettagliate sulla
Pieve anche se pare chiaro che fino al XIII secolo questa sia stata il centro
amministrativo e religioso di villaggi sparsi (S. Giovanni in Galilea, il
Castello dei Borghi, S. Martino in Converseto, Sogliano, Scorticata, Torriana),
dove gli abitanti si radunavano per motivi religiosi e civili.
Nei secoli seguenti la documentazione non solo aumenta (tra visite pastorali,
atti notarili, memorie dei Parroci, ecc...) ma si arricchisce spesso di
interessanti particolari.
Con il passare del tempo è probabile che, a causa degli slittamenti del terreno
dovuti anche alle peggiorate condizioni
climatiche, la prima chiesa abbia subito dei danni e che siano stati necessari
dei lavori di risistemazione: la ristrutturazione dell'edificio plebano risale
all'epoca romanica. È a questo periodo che possiamo
collegare sia la costruzione all'interno della pieve di
una cripta, sia il rivestimento del paramento esterno con pietre
squadrate, come attesterebbero i blocchi murari affioranti a valle della frana,
nel Rio Ferale (oggi Puccio), secondo le nuove tecniche costruttive introdotte
da maestranze romaniche provenienti dalla Lombardia, tra il XII ed il XIII
secolo.
All'inizio del XVI secolo tuttavia la Pieve, ormai inagibile a causa dei movimenti
franosi, viene abbandonata. Ad oriente della vecchia abside viene costruita la
Pieve "nova", rinvenuta negli scavi del 2004-2009.
Degno di nota è un testamento del 1525, dove è citata la "chiesa nova di S.
Giovanni Battista". Pochi anni dopo, l'edificio risente già di nuovo dei movimenti
franosi e l'umidità inizia ad infiltrarsi nei muri. Nel 1544 il Vescovo Parisani,
nella relazione della sua Visita pastorale, manifesta timori nei riguardi delle
fondamenta dell'edificio; nel 1572 il fonte battesimale viene collocato nella
chiesa di San Pietro, dentro le mura, per essere poi riportato, dopo alcuni
restauri, nella "chiesa nova".
Nel 1620 il Vescovo Pavoni ci lascia una particolareggiata descrizione della
chiesa e dei suoi arredi interni: risulta che l'Altare è già stato spostato ad
occidente. Nel 1681 l'edificio diviene inagibile, perché la parte orientale
minaccia di crollare: il Vescovo Galli ordina quindi di restringerlo, con
l'abbandono dell'abside, riadattata forse a cappelletta.
L'ultimo tentativo di risanamento, ad opera di Don Gaudenzo Giovanardi, è
inutile perché ben presto la chiesa dà «segni d'apertura» e nel 1741 il fonte
è portato definitivamente in San Pietro dove, un anno dopo, vengono trasferiti
anche i quadri e tutte le suppellettili.
Il 22 maggio 1742 il tetto crolla ed anche questa chiesa viene abbandonata.
I
primi saggi di scavo per rintracciare l'antica Pieve
di San Giovanni sono condotti nel 1970. L'archeologa Elsa Silvestri, su proposta del direttore del Museo Renzi, Sergio Foschi, e dell'allora Soprintendente archeologico Gino
Vinicio Gentili trova l'imponente muro di fondazione dell'abside semicircolare
dell'antica Pieve posto sul ciglio della frana. Le fondazioni dell'abside, in
grossi ciottoli legati da malta, hanno uno spessore di un metro e 40 circa e la navata
doveva essere larga circa 15 metri. Al centro dell'abside c'è un grosso pilastro
cilindrico di 2 metri di diametro, probabile sostegno di una cripta.
La Pieve,
costruita tra il VI e il VII secolo, doveva essere simile a quella di
Santarcangelo, con abside rivolta ad oriente e a navata unica. Il paramento
esterno della Pieve è pressoché sconosciuto, anche se alcuni blocchi murari,
affioranti nella zona del cosiddetto "Rio Puccio", a valle della frana,
suggeriscono una costruzione in pietra squadrata, tipica degli edifici romanici.
In considerazione della necessità di verificare i dati che emergevano dalle
fonti scritte, nel 2004 vengono avviate ulteriori ricerche promosse dal direttore del Museo Renzi,
Michele Gaudio, sotto la direzione scientifica dell'archeologa della
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna, Maria Grazia Maioli.
L'A.R.R.S.A.
(Associazione Riminese per la Ricerca Storica ed Archeologica - Sezione Alta
Valle del Rubicone) e il Museo Renzi iniziano gli scavi ad oriente della Pieve:
vengono alla luce le fondazioni della Pieve "nova" citata nelle fonti antiche,
costruita agli inizi del XVI secolo. La chiesa rinascimentale di San Giovanni
Battista è costruita in ciottoli e mattoni, legati da malta, con abside rivolta
ad oriente e navata unica (m. 23 x 6,5). A causa di
cedimenti strutturali, la chiesa viene ristretta, l'abside spogliata e l'altare
ribaltato verso occidente, come descritto nelle Visite Pastorali. All'interno
della navata, sotto al pavimento ora scomparso, vi sono quattro ossari in
muratura, coperti da una volta a botte, uno dei quali dedicato ad infanti e
bambini.
Nel settembre del 2009 viene riallestito e inaugurato il Museo Renzi a San
Giovanni in Galilea, con due sale dedicate interamente ad entrambe le chiese,
dove sono esposti parte dei materiali rinvenuti. Il mese successivo cominciano i
lavori di restauro e musealizzazione dell'area archeologica, finanziati dal
Comune di Borghi e dalla Regione Emilia Romagna, diretti dall'Archi. Massimo
Bottini, su coordinamento della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell'Emilia Romagna e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici dì Ravenna ed eseguiti dalla ditta Tecne s.r.l. Questi lavori
hanno permesso il ritrovamento dell'abside della chiesa del XV secolo e di un
impianto produttivo di calce, composto da almeno tre calcare, utilizzate nel
cantiere rinascimentale.
II restauro -
Arch. Massimo Bottini e
Katìa Poletti
L'intervento di restauro nella Pieve e nella Chiesa di San Giovanni Battista è
stato pensato e realizzato sia per conservare le strutture murarie rinvenute
durante gli scavi che per facilitarne la lettura.
La malta originale, decoesa e pressoché inesistente, è stata sostituita con una
malta idraulica, che resiste agli agenti atmosferici: i conci, i ciottoli e i
mattoni con cui sono costruite le fondazioni murarie, sono stati bloccati e
fissati. Inoltre al di sopra di ogni muratura è stato aggiunto un filare, per
preservare la struttura antica delle intemperie; sono stati anche risarciti
alcuni scassi moderni. E' ben visibile una linea nera dipinta tra la muratura
originale e quella nuova, per indicare il restauro moderno. Sono state
ricostruite parzialmente le volte a botte in due ossari, utilizzando e lasciando
in situ la centina lignea; l'area archeologica poi è stata interrata, non
essendosi conservati i piani di calpestio.
L'abside della chiesa rinascimentale,
del tutto spogliata, è sottolineata da ciottoli di medie dimensioni; gli ossari
sono evidenziati da uno stabilizzato grigio scuro e l'interno della chiesa da
uno stabilizzato color ocra.
All'esterno del muro perimetrale sud/est sono state
rinvenute tre calcare, segnate con un riempimento di laterizi moderni
frantumati.
La struttura moderna appartenente alla casa colonica del XIX secolo,
completamente stuccata, per differenziarla dal resto, è stata riempita con
corteccia per indicarne la funzione di porcilaia.
L'area archeologica nel suo complesso ha una forte valenza paesaggistica, si
colloca nel luogo diventandone parte integrante e parallelamente modificandolo.
Gli elementi materici utilizzati per la ricomposizione architettonica del luogo
disegnano e tornano a significare la sacralità di un paesaggio scomparso, la
stessa vegetazione concorre a denunciare la storia millenaria dello spazio
recuperato alla vita comunitaria.
La frana, elemento fondante della storia del luogo, ritorna protagonista anche
nella sua quiescenza colorando di ginestre la scarpata bioconsolidata.
Materiali dallo scavo della Chiesa di San Giovanni Battista -
Dott.ssa Chiara Cesaretti, archeologa
I numerosi materiali rinvenuti provengono dalla pulizia e dallo scavo delle
strutture.
Per lo più sono stati rinvenuti frammenti ceramici, appartenenti a varie
tipologie di epoca rinascimentale: ingobbiata graffita policroma, berettino,
maiolica policroma e in stile fiorito, ecc, databili dal XVI secolo in poi,
oltre alla ceramica comune e invetriata rossa. Coeve alle ceramiche sono le
monete, che si concentrano tra il XVI e il XVIII secolo e i pochi materiali
vitrei, colli di bottiglie, fondi di bicchieri, beccucci di ampolle.
Inoltre, dallo scavo degli ossari sono venuti alla luce i corredi e alcuni
elementi d'abbigliamento appartenenti ai defunti; gli oggetti sono estremamente
poveri, sebbene il Vescovo Pavoni nel 1620, affermi che all'interno della chiesa
vi erano sepolti i «parrocchiani più facoltosi». Sono stati trovati una decina
di monete in bronzo, alcuni bottoni, gancini e applique, in origine cuciti sui
vestiti dei defunti, oltre ad oggetti tipici femminili come spilli, ditali da
cucito, alcuni anelli e bracciali in bronzo. Il rinvenimento più consistente
riguarda circa 4000 grani appartenenti per lo più a rosari, ma anche a collane e
bracciali, associati ad un centinaio di medagliette devozionali e crocifissi,
databili tra il XVII e il XVIII secolo.
Medagliette devozionali provenienti dagli ossari della
Chiesa di San Giovanni Battista |
Tracce della Pieve altomedievale in un gruppo di frammenti lapidei -
Dott.ssa Cristina Ravara Montebelli,
archeologa
I recenti scavi archeologici purtroppo non hanno restituito tracce della
struttura architettonica di una fase altomedievale della Pieve, forse totalmente
inglobata nella moderna struttura completamente distrutta per la sua
costruzione, ma un nucleo di 12 frammenti in calcare locale scolpito a
bassorilievo, tradizionalmente considerato come proveniente da quella zona,
riconduce alla decorazione più rappresentativa delle chiese altomedievali, il
ciborio, una struttura architettonica a forma di baldacchino che sovrasta
l'altare: poggia generalmente su quattro colonne raccordate mediante archi.
I motivi scolpiti sui frammenti sono quelli tipici del repertorio decorativo
dell'VIII-IX secolo: la classica treccia con nastro vimineo a tre elementi o le
più complesse matasse composte da vari nastri sempre tripartiti, alternati però
a fiori a più petali e larghe foglie, una sorta di pampini stilizzati, ma anche
il motivo a "onde ricorrenti", terminanti a ricciolo sopra una serie di archetti
pieni. Delle quattro colonne che sorreggevano il ciborio resta purtroppo solo un
capitellino con l'attacco della colonna, decorato con leggere incisioni, fra le
quali però si distinguono chiaramente due simboli cristiani: la croce latina ed
il Monogramma Cristologico.
Il ciborio, come quello della Pieve di San Leo, doveva contenere l'intitolazione
della chiesa, di cui rimangono in un frammento solo queste tre belle lettere
scolpite in grafia capitale: [...]ATO[...]. Un secondo gruppo di frammenti,
formato da soli 5 esemplari con decorazioni analoghe, ma scolpite nel marmo, in
particolare il terminale di un capitellino con motivo a foglie d'acqua,
sembrerebbe appartenere ad altri rilievi architettonici di epoca bizantina,
forse riutilizzati. I confronti più puntuali si sono riscontrati con i frammenti
di un ciborio del Museo Arcivescovile di Ravenna, con altri rinvenuti a Roma,
negli scavi del Foro di Augusto, probabilmente relativo alla chiesa di San
Basilio, e con i due cibori di San Leo, ma decorazioni analoghe in calcare
locale si possono trovare anche presso il Museo di Stato di San Marino e il
Museo Domenico Mambrini di Galeata. In questo contesto ben si inseriscono i
pochi frammenti in calcare locale rimasti relativi alla cassa di un sarcofago,
che il Gerola definiva "ad acroteri di tipo bizantino", piuttosto comune nel
riminese.
Ipotesi ricostruttiva di Cristina Ravara Montebelli del ciborio della chiesa
sulla base del materiale lapideo rinvenuto
Scavo archeologico diretto da Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia Romagna (dott.ssa Maria Grazia Maioli) e condotto da A.R.R.S.A.
(Associazione Riminese per la Ricerca Storica ed Archeologica - Sezione Alta
Valle del Rubicone) e Museo Renzi (Stefano Pruni, Thomas Ramberti e prof.
Michele Gaudio)
Rilievo con laser-scan ad opera di Akanthos s.r.l.
Progetto di Restauro e Musealizzazione finanziato dal Comune di Borghi e dalla
Regione Emilia Romagna, sviluppato dell’Arch. Massimo Bottini, approvato dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna (dott.ssa Maria
Grazia Maioli) e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici
di Ravenna (dott.ssa Marzia Iacobellis), realizzato da Tecne s.r.l., con la
collaborazione di Mauro Ricci del Laboratorio di Restauro della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna e di Katia Poletti
Testi dei pannelli: Arch. Massimo Bottini, dott.ssa Chiara Cesaretti, prof.
Michele Gaudio, Katia Poletti, dott.ssa Cristina Ravara e dott.ssa Maria Grazia
Maioli
Notizie su San Giovanni in Galilea
San Giovanni in Galilea (comune di Borghi, FC) sorge sul monte omonimo, a
quota 447 metri s.l.m., in posizione dominante sulla dorsale che unisce
trasversalmente la valle dell’Uso a quella del Rubicone, allineata ai rilievi di
Torriana e Verucchio. Il popolamento ha origini antichissime che si perdono
nelle più remote fasi della preistoria; sicure sono le tracce della
frequentazione nell’età del Bronzo (cultura proto villanoviana), nella prima età
del Ferro (cultura villanoviana) ed anche in epoca romana. I primi documenti
scritti attestanti l’esistenza del luogo, ed in particolare della sua importante
Pieve, sono due pergamene ravennati incluse nel cosiddetto Codice Bavaro, che
risale al periodo compreso tra il 750 ed il 980. San Giovanni fu comune autonomo
fino al 1816 quando fu annesso al territorio di Borghi e attualmente il suo
territorio conta 200 abitanti (censimento del 31 dicembre 2006).
Veduta aerea di San Giovanni in Galilea
L’abitato di San Giovanni in Galilea dista 18 chilometri sia da Santarcangelo
di Romagna sia da Savignano sul Rubicone, entrambi sulla via Emilia.
L’inconfondibile monte a trapezio si staglia fra colline e mare, con le sagome
del cimitero, della chiesa e della rocca malatestiana. La roccia su cui sorgeva
il castello è costituita da due file di case allineate su un solo lato della
strada, che nel XV secolo valsero all’abitato il nome di “Castel Lungo”. Le
forti mura che lo circondavano sono state in parte abbattute e con esse
l’austera Porta Ovest (“portaccia”) della quale restano poche tracce. Verso
oriente si trova la Porta Est (antica sede comunale), che un tempo si
raggiungeva per una strada che a settentrione fiancheggiava il paese. Sopra
l’arco della porta sono ancora le larghe fenditure che accoglievano i legni del
ponte levatoio e, fra esse, una nicchia quadrata nella quale, probabilmente, era
incassato uno stemma. Affiancano la porta, internamente, l’ingresso al Museo
Renzi e la cappella dedicata ai Caduti.
Fuori
della Porta Est, sul sagrato, che è un magnifico balcone dominante la pianura e
il mare Adriatico, si affaccia la chiesa del castello, dedicata a San Giovanni
Battista. La strada di fronte alla chiesa conduce ai ruderi della torre
malatestiana diroccata e corrosa e a quelli del castello, probabilmente fondato
nel XIII secolo dalla Signoria dei Malatesta di Rimini e consolidato e ampliato
da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel Quattrocento. Della fortezza, che in
seguito fu anche possedimento del duca Federico da Montefeltro, di Papa Pio II e
di Carlo Malatesta di Sogliano, si conservano ancora due grandi cisterne per
l’acqua.
Da dietro il cimitero, un gioiello architettonico che ha ispirato anche il poeta
Tonino Guerra (in una sua ode egli auspica la conservazione di quello che lui
stesso definisce come il “tappeto volante” sul Montefeltro), si può osservare
uno dei più superbi panorami della Romagna e, abbassando lo sguardo, proprio
innanzi, la Ripa Calbana, un gigante roccioso ormai demolito dallo sfruttamento
messo in atto dall’uomo, ma che per lungo tempo, ed è quasi un paradosso, ha
offerto proprio all’uomo le più adeguate condizioni per vivere in sicurezza e
prosperità.
A un chilometro dal cocuzzolo, proprio in corrispondenza del bivio che da un
lato porta a Sogliano e dall’altro alla strada provinciale che segue il corso
dell’Uso, sul breve pianoro sopravvissuto agli smottamenti subiti dal tempo, si
notano ancora i resti dell’antichissima Pieve (la Piva) fondata probabilmente
attorno al VI secolo d.C. Il luogo dove sorgeva era indifeso, ma posto in
posizione strategica, al centro di una rete viaria che scendeva da una parte
verso la valle del Marecchia ed il Montefeltro e per l’altro versante verso le
valli del Rubicone e dell’Uso; ciò mette in evidenza il carattere di centro
santuariale e di contatto che il luogo rivestì fin dalle sue origini. Della
Pieve oggi si conservano le fondamenta del lato absidato, mentre nelle sue
adiacenze sono state portate alla luce le fondamenta della chiesa rinascimentale
posteriore (scavi 2004-2007).
Come arrivare
In
macchina
da Bologna:
Autostrada A14 direzione Ancona. All'uscita di Cesena, procedere per la Via
Emilia in direzione Rimini, quindi proseguire fino a Savignano sul Rubicone
e da qui, direzione Sud, per Borghi.
In macchina
da Ancona:
Autostrada A14 direzione Bologna. All'uscita Rimini Nord, procedere per
Santarcangelo di Romagna. Da qui direzione Sud, verso Borghi.
In macchina
da Roma:
E45 Direzione Ravenna, uscita Cesena Nord. Quindi Via Emilia direzione
Rimini fino a Savignano sul Rubicone dove si imbocca la strada per Borghi
In treno
La stazione ferroviaria più vicina è quella di Savignano sul Rubicone
I lavori di restauro e musealizzazione dell'area archeologica della Pieve e della Chiesa di San Giovanni Battista in località "La Piva" di San Giovanni in Galilea (lungo Via la Pieve) frazione di Borghi (FC) sono stati presentati al pubblico e inaugurati sabato 9 ottobre 2010 (ore 17)