|
Strutture tardoantiche straordinariamente ben conservate, il cui scavo ha
restituito monete romane in quantità inusuale per il periodo, ma anche indizi di
quello che potrebbe essere stato l’antico foro della città. In soli tre mesi di
lavori, le indagini archeologiche a Claterna gettano nuova luce non solo
sulla storia del sito romano ma su quella dell'intero territorio ozzanese
Claterna era il nome della città romana situata sulla via Emilia fra le
colonie di Bologna (Bononia), ad ovest, ed Imola (Forum Cornelii),
ad est. Città di medie dimensioni, visse fra la prima metà del II secolo a.C. ed
il V secolo d.C., durante tutto il periodo della presenza romana in questa parte
della regione.
Nel novembre 2005 è ripresa la campagna di scavo archeologico grazie alla
nascita dell’associazione “Civitas Claterna” che coniuga le potenzialità
operative di realtà istituzionali, economiche e culturali del territorio
ozzanese, quali il Comune di Ozzano, la ditta IMA e il gruppo archeologico
“Città di Claterna”, con il coordinamento scientifico della Soprintendenza per i
Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Lo scavo archeologico, impostato in base all’esito di alcuni sondaggi
esplorativi, ha interessato un’area di m. 8 x 12 situata all’angolo fra la via
Emilia e lo stradello Maggio, a nord della via consolare. In questa zona le
ricognizioni di superficie segnalavano una tale concentrazione di materiali
edilizi da rendere quasi scontata la presenza di un edificio.
La vera sorpresa è stata però l’eccellente stato di conservazione della
struttura recuperata. Sono emerse diverse murature che disegnano la planimetria
dell’edificio nei vari momenti della sua vita e che sono sicuramente rimaste in
uso fino all’età tardoantica (V-VI secolo d.C.), periodo in cui stava
cominciando, o era già in corso, l’abbandono della città.
A tal proposito, viene immediato il collegamento con una delle poche fonti
scritte di età antica che nominano Claterna, una lettera di S. Ambrogio
che, parlando ad un amico di un viaggio da Bologna a Milano, ricorda le città
emiliane –Claterna, Bononia, Mutina, Rhegium, Brixillum, Placentia- come
semirutarum urbium cadavera, cioè “scheletri di città distrutte”.
Lo scritto, redatto alla fine del IV secolo d.C., offre un’immagine catastrofica
delle città della nostra regione, immagine che, almeno per quanto riguarda
Claterna e alla luce di quest’ultimo scavo, andrebbe in parte ricondotta ad
espediente retorico. L’esito delle recenti indagini archeologiche offre non solo
nuovi spunti di ricerca riguardo allo stato complessivo delle realtà urbane sul
finire dell’età romana ma porta anche a ridimensionare la testimonianza
ambrosiana, riconducendola entro confini più attinenti alla realtà.
A riprova di ciò stanno i numerosi reperti rinvenuti nello scavo, soprattutto
sotto forma di ceramiche ma anche –del tutto inaspettatamente- di monete. Le
monete, alcune delle quali con bellissime raffigurazioni di imperatori dell’età
tardoimperiale quali Magnenzio e Costanzo II, pongono numerosi interrogativi sul
significato di questo edificio. Se da un lato risulta ormai chiaro che si tratti
di una struttura dalla vita molto lunga, dall’altro l’ingente presenza di monete
nelle fasi più tarde induce a una pausa di riflessione sul loro numero e sulle
modalità del loro seppellimento.
In effetti, sono noti per l’età tardoromana episodi di occultamento volontario
di piccoli tesoretti –costituiti per lo più da monete preziose-, fenomeni che
riflettono un generalizzato clima di instabilità politica, sociale ed economica.
Tuttavia, le monete di Claterna non sono state rinvenute in un unico
gruzzoletto e, soprattutto, rappresentano per lo più nominali minori dell’epoca,
quelli che, con terminologia attuale, potremmo definire spiccioli.
Siamo quindi di fronte ad un fenomeno la cui spiegazione va trovata in qualcosa
di diverso, probabilmente collegata alla vicinanza della via Emilia. Per capire
meglio questi problemi diventa indispensabile procedere ad un ampliamento dello
scavo –in programma per quest’anno- in modo da recuperare una planimetria più
completa dell’edificio e raccogliere ulteriori informazioni sulle attività umane
che lo hanno interessato.
Il recupero di testimonianze relative alle ultime fasi di vita della città pone
nuovamente all’attenzione il problema del rapporto fra l’abbandono della città
romana e la formazione di nuovi insediamenti nel territorio fra il VI ed il X
secolo d.C. Di tali insediamenti –S. Pietro di Ozzano, Pastino, Settefonti,
Varignana, la pieve di S. Stefano in Claterna- non sono ancora note le modalità
di formazione e, a volte, nemmeno la localizzazione precisa. Lo stimolo diventa
quindi molteplice e porta a riconsiderare l’evoluzione dell’intero territorio,
spingendosi fino ai secoli dell’Alto Medioevo.
L’indagine archeologica non si è comunque limitata all’area descritta. I
sondaggi esplorativi cui si accennava all’inizio hanno messo in luce elementi di
tipo diverso ma altrettanto importanti per comprendere la struttura della città
antica. Una stratificazione complessa in prossimità del torrente Quaderna sembra
possa essere interpretata come resti del terrapieno che doveva marcare il
confine orientale della città e di cui sono stati rintracciati indizi anche
nella parte meridionale.
Ancora più eclatante appare il rinvenimento avvenuto in una lunga trincea
praticata vicino alla via Emilia. Qui è emerso il tracciato del cardo maximus,
la principale strada dell’impianto urbano, con andamento nord-sud, già
individuata negli scavi degli anni ’80. Ad est del cardo maximus, si
imposta uno spazio acciottolato che appare delimitato in due punti da elementi
strutturali di grandi dimensioni, conservati solo in negativo: confrontando
questi dati con le foto aeree, si può ipotizzare di avere individuato il foro
della città, cioè la sua piazza principale, quella che in genere riceveva i
principali edifici pubblici.
A questo punto sono molti i motivi che inducono a proseguire l’indagine,
possibilmente su più fronti. A ciò si aggiunga che è ormai una realtà
l’acquisizione da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali anche
dell’area a sud della Via Emilia, per cui ora la città di Claterna è
sottratta completamente alla proprietà privata per entrare a tutti gli effetti
nel patrimonio dello Stato e della collettività.
Questo permetterà, in un futuro molto prossimo, di avviare strategie complessive
di intervento sul sito e di valorizzazione culturale del territorio ozzanese.
A cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
e del Gruppo Archeologico Città di Claterna
Per info: Carla Conti, Ufficio stampa SBAER, tel. 051.223773-220675-224402 fax
051.227170 - sba-ero.stampa@beniculturali.it - website
www.archeobo.arti.beniculturali.it
|
|