Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna

Gruppo Archeologico
Città di Claterna

 

Bologna, 27/01/2006
Ufficio stampa


Scavi nella città romana di Claterna: si comincia dalla fine...
 

 


Strutture tardoantiche straordinariamente ben conservate, il cui scavo ha restituito monete romane in quantità inusuale per il periodo, ma anche indizi di quello che potrebbe essere stato l’antico foro della città. In soli tre mesi di lavori, le indagini archeologiche a Claterna gettano nuova luce non solo sulla storia del sito romano ma su quella dell'intero territorio ozzanese
Claterna era il nome della città romana situata sulla via Emilia fra le colonie di Bologna (Bononia), ad ovest, ed Imola (Forum Cornelii), ad est. Città di medie dimensioni, visse fra la prima metà del II secolo a.C. ed il V secolo d.C., durante tutto il periodo della presenza romana in questa parte della regione.
Nel novembre 2005 è ripresa la campagna di scavo archeologico grazie alla nascita dell’associazione “Civitas Claterna” che coniuga le potenzialità operative di realtà istituzionali, economiche e culturali del territorio ozzanese, quali il Comune di Ozzano, la ditta IMA e il gruppo archeologico “Città di Claterna”, con il coordinamento scientifico della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Lo scavo archeologico, impostato in base all’esito di alcuni sondaggi esplorativi, ha interessato un’area di m. 8 x 12 situata all’angolo fra la via Emilia e lo stradello Maggio, a nord della via consolare. In questa zona le ricognizioni di superficie segnalavano una tale concentrazione di materiali edilizi da rendere quasi scontata la presenza di un edificio.
La vera sorpresa è stata però l’eccellente stato di conservazione della struttura recuperata. Sono emerse diverse murature che disegnano la planimetria dell’edificio nei vari momenti della sua vita e che sono sicuramente rimaste in uso fino all’età tardoantica (V-VI secolo d.C.), periodo in cui stava cominciando, o era già in corso, l’abbandono della città.
A tal proposito, viene immediato il collegamento con una delle poche fonti scritte di età antica che nominano Claterna, una lettera di S. Ambrogio che, parlando ad un amico di un viaggio da Bologna a Milano, ricorda le città emiliane –Claterna, Bononia, Mutina, Rhegium, Brixillum, Placentia- come semirutarum urbium cadavera, cioè “scheletri di città distrutte”. Lo scritto, redatto alla fine del IV secolo d.C., offre un’immagine catastrofica delle città della nostra regione, immagine che, almeno per quanto riguarda Claterna e alla luce di quest’ultimo scavo, andrebbe in parte ricondotta ad espediente retorico. L’esito delle recenti indagini archeologiche offre non solo nuovi spunti di ricerca riguardo allo stato complessivo delle realtà urbane sul finire dell’età romana ma porta anche a ridimensionare la testimonianza ambrosiana, riconducendola entro confini più attinenti alla realtà.
A riprova di ciò stanno i numerosi reperti rinvenuti nello scavo, soprattutto sotto forma di ceramiche ma anche –del tutto inaspettatamente- di monete. Le monete, alcune delle quali con bellissime raffigurazioni di imperatori dell’età tardoimperiale quali Magnenzio e Costanzo II, pongono numerosi interrogativi sul significato di questo edificio. Se da un lato risulta ormai chiaro che si tratti di una struttura dalla vita molto lunga, dall’altro l’ingente presenza di monete nelle fasi più tarde induce a una pausa di riflessione sul loro numero e sulle modalità del loro seppellimento.
In effetti, sono noti per l’età tardoromana episodi di occultamento volontario di piccoli tesoretti –costituiti per lo più da monete preziose-, fenomeni che riflettono un generalizzato clima di instabilità politica, sociale ed economica. Tuttavia, le monete di Claterna non sono state rinvenute in un unico gruzzoletto e, soprattutto, rappresentano per lo più nominali minori dell’epoca, quelli che, con terminologia attuale, potremmo definire spiccioli.
Siamo quindi di fronte ad un fenomeno la cui spiegazione va trovata in qualcosa di diverso, probabilmente collegata alla vicinanza della via Emilia. Per capire meglio questi problemi diventa indispensabile procedere ad un ampliamento dello scavo –in programma per quest’anno- in modo da recuperare una planimetria più completa dell’edificio e raccogliere ulteriori informazioni sulle attività umane che lo hanno interessato.
Il recupero di testimonianze relative alle ultime fasi di vita della città pone nuovamente all’attenzione il problema del rapporto fra l’abbandono della città romana e la formazione di nuovi insediamenti nel territorio fra il VI ed il X secolo d.C. Di tali insediamenti –S. Pietro di Ozzano, Pastino, Settefonti, Varignana, la pieve di S. Stefano in Claterna- non sono ancora note le modalità di formazione e, a volte, nemmeno la localizzazione precisa. Lo stimolo diventa quindi molteplice e porta a riconsiderare l’evoluzione dell’intero territorio, spingendosi fino ai secoli dell’Alto Medioevo.
L’indagine archeologica non si è comunque limitata all’area descritta. I sondaggi esplorativi cui si accennava all’inizio hanno messo in luce elementi di tipo diverso ma altrettanto importanti per comprendere la struttura della città antica. Una stratificazione complessa in prossimità del torrente Quaderna sembra possa essere interpretata come resti del terrapieno che doveva marcare il confine orientale della città e di cui sono stati rintracciati indizi anche nella parte meridionale.
Ancora più eclatante appare il rinvenimento avvenuto in una lunga trincea praticata vicino alla via Emilia. Qui è emerso il tracciato del cardo maximus, la principale strada dell’impianto urbano, con andamento nord-sud, già individuata negli scavi degli anni ’80. Ad est del cardo maximus, si imposta uno spazio acciottolato che appare delimitato in due punti da elementi strutturali di grandi dimensioni, conservati solo in negativo: confrontando questi dati con le foto aeree, si può ipotizzare di avere individuato il foro della città, cioè la sua piazza principale, quella che in genere riceveva i principali edifici pubblici.
A questo punto sono molti i motivi che inducono a proseguire l’indagine, possibilmente su più fronti. A ciò si aggiunga che è ormai una realtà l’acquisizione da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali anche dell’area a sud della Via Emilia, per cui ora la città di Claterna è sottratta completamente alla proprietà privata per entrare a tutti gli effetti nel patrimonio dello Stato e della collettività.
Questo permetterà, in un futuro molto prossimo, di avviare strategie complessive di intervento sul sito e di valorizzazione culturale del territorio ozzanese.
 

A cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e del Gruppo Archeologico Città di Claterna
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