Altri tipi di ricerca non invasiva, come le indagini geomagnetiche o georadar, non danno, prescindendo da saggi di scavo di verifica, risultati attendibili all’interno di un centro urbano per la presenza di sottoservizi (gas, luce, rete idrica) che “disturbano” i dati e soprattutto in presenza di una falda acquifera molto superficiale, come a Ravenna, che impedisce la corretta segnalazione delle anomalie.
Il problema dell’acqua affiorante è infatti una costante negli scavi ravennati; in assenza di sistemi di contenimento dei margini di scavo - come ad esempio palancole in acciaio o micropali - lo scavo archeologico stratigrafico risulterebbe impossibile, perché invaso costantemente dall’acqua; si capisce quindi che l’inevitabile danno provocato dall’infissione delle palancole - una striscia di circa 10 cm – rientra in un margine tollerabile.
Nel contempo è quindi necessario predisporre un sistema di drenaggio continuo dell’acqua con una serie di pompe sempre attive (well point ), che deve essere accuratamente monitorato perché l’emungimento continuo non comporti cedimenti del terreno, con conseguenti danni agli edifici circostanti lo scavo.
L’intervento è stato autorizzato dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici, su richiesta e finanziamento di Hera, come scavo archeologico
stratigrafico, realizzato con la direzione scientifica della Soprintendenza
(dott.ssa Chiara Guarnieri) e svolto dalla Ditta “La Fenice srl” di Bologna. Si
tratta di due interventi di limitate dimensioni (m 8 x 10, profondità m 3,30),
lasciati fin dall’inizio alla vista dei cittadini e chiariti da cartelloni
esplicativi ai margini.
Il primo intervento, relativo al cassonetto posizionato parallelamente a via
Roma, ha portato in luce solo i resti di abitazioni del ‘500 o del ‘600.
Più ricca la messe di dati emersa dall’intervento situato davanti al Liceo. Al
di sotto di una serie di livelli di frequentazione di età bassomedievale si sono
rinvenuti i resti di un’abitazione di età altomedievale, realizzata in argilla e
legno, e di un’abitazione di età tardo antica, a cui appartiene un muro in
mattoni ben riconoscibile nelle foto pubblicate. Ancora più sotto, coperti da
livelli di abbandono, sono venuti in luce i resti di una casa di età romana; si
tratta in particolare di cinque ambienti pavimentati in mosaico. Attorno ad un
vano centrale, con pavimento a tessere bianche ed ospitante una vasca, sono
disposti verso ovest due ambienti, uno decorato con esagoni contenenti fiori a
sei petali, l’altro con un disegno a cerchi intersecatesi; lungo il lato est
sono altri due ambienti, uno con decorazione ad esagoni, fiori a sei petali e
stelle, simile a quello del lato opposto e l’altro con un tappeto a scacchi
bianchi e neri. Si tratta di mosaici realizzati con tessere bianche e nere,
databili all’interno del II sec. d.C. , i cui motivi decorativi sono ben noti
per esempio a Faenza o nella villa di Russi.
I ritrovamenti sono di eccezionale importanza scientifica e porteranno a
riscrivere la storia di quest’area della città che precedentemente si pensava
libera da abitazioni vista la presenza della Fossa Augusta.
Vista l’importanza del rinvenimento e le difficoltà di conservazione dei
resti in situ, che comporterebbe comunque uno strappo delle pavimentazioni per
la necessità di impermeabilizzare la base dello scavo, si è deciso – anche in
accordo con l’Amministrazione Comunale - di procedere alla rimozione dei mosaici
e del muro tardoantico per consentirne il restauro e la futura valorizzazione/musealizzazione.
L’operazione che si va predisponendo non esclude peraltro che in un secondo
momento sia possibile allargare l’indagine archeologica alle aree limitrofe.
Occorre comunque precisare che l’eventuale estensione dello scavo dovrebbe
avvenire solo a seguito di una precisa pianificazione e del reperimento di una
somma adeguata alla realizzazione di una grande infrastruttura pubblica. In
primo luogo non appare infatti possibile determinare con sicurezza la
planimetria della casa a cui appartengono i mosaici rinvenuti, che si estende
verso tutti i lati dell’attuale scavo. Occorre inoltre risolvere l’interferenza
con il giardino che attualmente ospita anche essenze arboree di un certo pregio.
L’estensione dello scavo richiederebbe infine un ben più ampio posizionamento
delle palancole metalliche, con gli stessi problemi che queste hanno comportato
per lo scavo attuale, senza contare che il drenaggio dell’acqua porterebbe ad un
emungimento ben maggiore della falda, possibile solamente per un periodo di
tempo limitato. Fatte salve le problematiche esposte, occorrerebbe comunque dare
dei limiti “ artificiali” all’eventuale allargamento dell’indagine; si ricorda
che così è stato per la ben nota “Casa dei tappeti di pietra”, che non è stata
indagata nella sua interezza ma solamente per l’estensione dello stabile al
quale si riferiva il garage interrato il cui scavo ha portato alla scoperta dei
mosaici.
Sulla piazza sarà in ogni caso concordata con il Comune la predisposizione di un
adeguato supporto informativo, che illustrerà in modo semplice ma completo i
risultati delle ricerche ed i ritrovamenti.