Il Soprintendente per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, Filippo Maria Gambari:
“Mai detto che sia Agrippina o che venga da Pompei. Non è un ritratto ma la
testa di una statua votiva, databile tra il II e il I sec. a.C.”
La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna non ha mai attribuito ad Agrippina Minore la testa in terracotta sequestrata a Piacenza dal Comando Provinciale dei Carabinieri, né ha mai detto che venga da Pompei, né lo ha fatto l’archeologa Roberta Conversi presente alla conferenza stampa di ieri a nome dell’Istituto.
Quanto riportato ieri dall’Ansa non può essere attribuito a dichiarazioni di funzionari di questa Soprintendenza che in realtà hanno potuto maneggiare per la prima volta il reperto solo pochi minuti prima dell’incontro con la stampa.
Da un primo esame effettuato all’atto della consegna, riteniamo si tratti di
una testa appartenente ad una statua fittile realizzata a matrice.
La testa, che faceva forse parte di una statua di offerente probabilmente
destinata a un santuario o di un gruppo in terracotta inserito nel frontone di
un tempio, non può in alcun modo essere identificata né con Agrippina Minore né
con alcun membro femminile della famiglia imperiale.
Per gli aspetti iconografici e dal confronto con reperti analoghi, la scultura
rientra certamente nelle produzioni destinate ad ambiti sacri e la sua datazione
va collocata tra il II e I secolo a.C.
La testa sembra al momento difficilmente
compatibile con una produzione di area vesuviana.
Il reperto si inquadra nell’ambito delle produzioni di statue fittili tardo
repubblicane di fine II sec. - inizio I a.C., di ambito culturale Laziale -
Campano settentrionale, prodotto che ha una possibile diffusione anche nelle
colonie di diritto latino.
Il reperto è stato consegnato ieri a questa Soprintendenza che effettuerà le analisi atte a definirne datazione e provenienza. Solo l’analisi petrografica, che prenderà in esame l’argilla impiegata, gli inclusi contenuti nel manufatto e la terra di scavo in parte ancora presente nel reperto, potrà stabilire univocamente l’area di produzione e la zona esatta di reperimento.