Non unico ma raro. Eccezionale ritrovamento archeologico nel territorio reggiano
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Ufficio stampa SBAER
21 maggio 2012

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Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna

Eccezionale ritrovamento a Montecchio Emilia nel Reggiano: una tazza d’oro dell’antica età del Bronzo (XVIII-XVII sec.a.C.)

Quasi mezzo chilo d'oro pressoché purissimo. È l’unico esemplare rinvenuto in Italia e uno dei pochi al mondo: due reperti simili sono esposti al British Museum di Londra e un terzo al Landesmuseum di Bonn

Pesa quasi mezzo chilo, è alta poco più di 12 cm, è in lamina spessa circa un millimetro e mezzo, ha un delizioso manichetto ed è in oro pressoché purissimo, con rare tracce di argento e stagno. Già questo farebbe della tazza rinvenuta nel marzo scorso a Montecchio Emilia (RE) un reperto straordinario. Ma se si pensa che risale all’antica età del Bronzo, vale a dire a un periodo compreso tra i 3800 e i 3700 anni fa, e che ha solo tre confronti nel mondo, e nessuno in Italia, ecco che ‘eccezionale’ diventa il termine più appropriato.
Secondo il Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, Filippo Maria Gambari, "al di là della straordinaria preziosità del reperto, la tazza d’oro di Montecchio Emilia è un oggetto destinato a cambiare radicalmente alcune idee consolidate sui commerci e sugli scambi nell’Europa di quasi quattro millenni fa."
La tazza, in parte rotta da arature o lavori agricoli recenti (era a soli 60 cm di profondità), appare già schiacciata in antico: un danno forse intenzionale, probabilmente legato a uno specifico rituale. Nessuna tomba, struttura o cassetta di lastre conteneva il reperto, sepolto isolato in una semplice buca di nuda terra. Si stanno però verificando alcuni dati d’archivio che potrebbero collegarla ad altri 13 oggetti d’oro, apparentemente dell’età del Bronzo, rinvenuti a Montecchio Emilia il 18 gennaio 1782, sempre durante un’aratura: purtroppo i reperti furono poi fusi e di essi ci restano solo le fantasiose descrizioni dell’epoca.
Gli studi sono appena all’inizio ma un dato è certo: si tratta di un ritrovamento eccezionale che lega idealmente il territorio di Montecchio Emilia agli henges del Regno Unito e ai recinti del Nord Reno-Westfalia, le zone da cui provengono i pochi confronti esistenti.
La straordinaria scoperta è avvenuta durante alcuni lavori nelle cave di inerti “Spalletti” del Gruppo C.C.P.L., ai limiti settentrionali del comune di Montecchio Emilia. Un’area che da anni sta restituendo testimonianze archeologiche di ampia datazione, dai resti sporadici del Neolitico Finale e dell’età del Rame (IV-III millennio a.C.) alle urne cinerarie dell’età del Bronzo media-recente (XIV-XIII sec.a.C.), forse collegate a una terramara individuata poco più a sud, fino ai più cospicui materiali di epoca etrusca (sepolture) e romana (resti insediativi e funerari).
È in questo quadro che gli archeologi hanno trovato, completamente isolata, questa strepitosa tazza d’oro databile (in virtù della specifica tipologia) all’antica età del Bronzo cioè a un periodo compreso tra il XVIII e il XVII secolo a.C.
“L’isolamento della tazza rinvenuta a Montecchio –spiega Gambari- è analogo a quello degli altri reperti trovati in Europa e conforta l’ipotesi di un utilizzo rituale. Di sicuro questo oggetto aveva un valore elevatissimo già allora; quanto a quello che potrebbe avere oggi, basti dire che l’analoga tazza rinvenuta a Ringlemere è stata acquistata nel 2002 dal British Museum per la bella cifra di 270mila sterline, cioè più di mezzo milione di dollari”
La tazza, che rappresenta certamente una deposizione votiva, è deformata e lacunosa ma interamente leggibile. È realizzata in lamina d’oro abbastanza spessa, ha un diametro massimo di 12 centimetri (lo stesso dell’esemplare di Fritzdorf), vasca a tronco di cono e fondo leggermente appiattito, carena viva e parete alta leggermente concava e poco rientrante. È dotata di manico a nastro fuso, attualmente staccato ma originariamente impostato tra orlo e carena, a cui era fissato con piccoli ribattini.
Il confronto migliore è con la tazza d’oro trovata all’interno di un vaso in ceramica a Fritzdorf, in Germania, ma possiamo riscontrare analogie anche con le tazze d’oro recuperate a Rillaton e a Ringlemere, in Gran Bretagna, quest’ultima rinvenuta al centro di un henge, e con due vasi d’argento provenienti da tumuli bretoni.
Le analisi sul metallo, affidate ad Alessandra Giumlia-Mair (AGM Archeoanalisi di Merano), ci diranno non solo l’esatta percentuale di argento e stagno ma potranno forse fornire qualche indicazione sulla possibile area di provenienza, proprio in virtù dello stagno, al tempo presente nell’oro fluviale solo in alcune regioni come la Cornovaglia o la Boemia.
Una volta svuotata, si potrà analizzare la terra che la riempie, alla ricerca di tracce di cibo o residui di liquidi: si può infatti supporre che la tazza di Montecchio fosse una sorta di coppa per bevute rituali collettive e che proprio per questa sua funzione sia poi stata seppellita, forse in un bosco ritenuto sacro visto che al tempo quella che oggi è un’area di pianura era coperta di boschi
La pulitura si limiterà a togliere la terra, lasciando le piccole e impercettibili incrostazioni; la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ha anche deciso di lasciare la tazza così com’è, proponendone un’ipotesi ricostruttiva, analogamente a quanto fatto dagli inglesi con l’esemplare di Ringlemere. Se si troveranno le risorse per sostenere i costi di laboratorio, entro la fine dell’anno si potranno avere i risultati completi. Una volta liberata dalla terra, si potrà anche definire il peso esatto del reperto e verificare l’effettivo spessore della lamina che al momento sembra un poco più consistente di quello degli altri esemplari transalpini.
In ogni caso, un rinvenimento di eccezionale interesse e al momento unico in Italia che apre prospettive totalmente nuove per la lettura delle prime fasi dell’età del Bronzo in Emilia. Terminati gli studi, è possibile che la tazza aurea di Montecchio Emilia sia esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Parma all’interno dell’ampia sezione dedicata alla Preistoria e Protostoria del territorio emiliano


Indagini materiche preliminari sulla tazza di Montecchio
di Alessandra Giumlia-Mair
, AGM Archeoanalisi, Merano (BZ)

Su richiesta della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, ho condotto indagini preliminari sulla tazza di Montecchio, soprattutto per stabilire se il materiale del recipiente sia compatibile con la datazione proposta, dedotta dalle caratteristiche stilistiche dell'oggetto.
La tazza è stata innanzitutto osservata attentamente in ogni parte per mezzo di vari strumenti ottici e al microscopio, per constatarne lo stato di conservazione, individuare eventuali indizi di alterazione superficiale dovute alla possibile corrosione di elementi meno nobili forse presenti nella lega (quali l'argento e/o il rame) e per esaminare il sottile strato di patina rossastra, visibile su alcune porzioni delle pareti.

La disamina ha permesso di constatare differenze strutturali tra le fratture visibili sulle pareti che potrebbero rappresentare indizi significativi per l'interpretazione delle stesse ed essere riconducibili ad avvenimenti cronologicamente distanti. In particolare, la lacuna di maggiori dimensioni e con bordi frastagliati sembrerebbe essere molto più recente che non, ad esempio, il taglio relativamente netto visibile nella parte bassa del recipiente. Quest'ipotesi potrà essere eventualmente confermata o confutata in seguito, dopo ulteriori e più approfondite indagini.
Il materiale della tazza è stato sottoposto ad analisi non distruttive per mezzo di spettrometria di fluorescenza dei raggi X (in seguito XRF) per determinare la lega impiegata. I risultati devono per il momento essere considerati solo indicativi e semiquantitativi, perché le misurazioni sono state condotte sul reperto nelle condizioni in cui è stato trovato, senza pulire, se non in modo sommario, le aree analizzate.
I dati XRF dimostrano tuttavia che la lega d'oro è compatibile con il periodo ipotizzato: si tratta infatti di oro contenente solamente tenori relativamente bassi d'argento e senza alcuna aggiunta di rame, ma con lievi tracce di stagno. Si potrebbe dunque trattare di oro alluviale, cioè raccolto come pepita, e usato così com'era, senza alcuna addizione e senza alcun processo di raffinazione.
Dopo la pulizia da parte dei restauratori sarà possibile condurre esami più precisi e saremo in grado di definire meglio la composizione della lega e l'eventuale origine dell'oro. A questo scopo si dovrebbero eseguire anche analisi di diffrattometria a raggi X per determinare la natura della patina rossastra. L'esatta identificazione della patina permetterà di valutare il grado degli eventuali fenomeni di corrosione e di ricostruire con maggior precisione la composizione originale della lega.
Dr Phil., MSc Alessandra Giumlia-Mair


Comunicazione del Comune di Montecchio Emilia
del Sindaco Paolo Colli e dell’Assessore alle Attività culturali Andrea Costi

La posizione di Montecchio Emilia ne ha sempre fatto un crocevia naturale tra varie vie di comunicazione. Questa caratteristica, unita alla posizione favorevole rispetto ai corsi d’acqua e ai territori circostanti, ha favorito il susseguirsi, fin dai tempi più remoti, di insediamenti umani. Per questo motivo la storia del territorio di Montecchio Emilia è molto
antica e ricca di testimonianze.
Le Amministrazioni comunali che si sono susseguite dal dopoguerra ad oggi hanno sempre fatto il possibile per conservare questo grande patrimonio storico e culturale, partendo dai ritrovamenti di reperti preistorici per arrivare al recupero e alla valorizzazione di edifici storici di pregio In quest’ottica, il ritrovamento della “tazza d’oro”, oltre a costituire un ritrovamento di eccezionale importanza scientifica, conferma e accresce ulteriormente lo spessore storico e culturale del nostro territorio, il che ci inorgoglisce e ci spinge a moltiplicare il nostro impegno nella valorizzazione del nostro patrimonio.
L’Amministrazione comunale di Montecchio Emilia è ben consapevole dell’importanza del ritrovamento, e si è resa disponibile a collaborare in ogni fase del processo di ricerca e di studio. L’ha fatto subito dopo il ritrovamento, contribuendo a mantenere il massimo riserbo fino a quando è stato opportuno, e continua a farlo collaborando al reperimento di risorse e di informazioni, anche con la fattiva partecipazione delle associazioni culturali del territorio, nonché per dare il giusto risalto a questa eccezionale scoperta, nel rispetto delle rispettive competenze e della normativa nazionale.
Dobbiamo ringraziare la Soprintendenza, presso la quale abbiamo potuto riscontrare altrettanta disponibilità, soprattutto rispetto alla possibilità concreta di organizzare, anche sul territorio montecchiese, momenti di informazione ed una mostra incentrata sulla tazza d’oro di Montecchio Emilia.
Il Sindaco Paolo Colli e l’Assessore alle Attività culturali Dott. Andrea Costi


Le indagini archeologiche nella cava Spalletti di Montecchio Emilia
di Cristina Anghinetti, ABACUS s.r.l., San Pancrazio (PR)

La tazza d’oro rinvenuta il 9 marzo 2012 (consegnata il giorno stesso al Museo Archeologico Nazionale di Parma, sede distaccata della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna), non è che il punto di maggior rilevanza ed evidenza di un’indagine sistematica, condotta a partire dal novembre 2009 nei sedimenti fini che sigillavano il banco di ghiaia, oggetto dell’escavazione, nell’area di cava Spalletti.
In questi anni il controllo in corso d’opera delle operazioni di scavo, eseguite, in sinergia col personale di cava, con criteri stratigrafici (verificando superfici, strati e suoli) ha consentito di leggere una successione che dall’eneolitico, ma forse da prima, è giunta fino agli ultimi utilizzi agricoli dell’età moderna. L’indagine ha infatti permesso di riconoscere come nei millenni, in questo tratto della pianura padana, l’apporto di sedimenti alluvionali abbia sigillato i vari suoli accrescendo via via il piano di campagna, senza però portare alla scomparsa della presenza e dell’attività umana. Solo a partire dalla fase finale dell’eneolitico l’orizzonte si stabilizzerà infine all’attuale quota, provocando la diretta sovrapposizione delle successive frequentazioni del Bronzo, del Ferro, Romane e Medievali/Moderne.
La puntuale documentazione (anche grazie al metodico rilievo tramite stazione totale e satellitare) di qualsiasi traccia fosse inclusa negli strati, a partire dal posizionamento dei piccoli frammenti ceramici dispersi nei suoli, degli allineamenti e cumuli in ciottoli, dei corsi d’acqua naturali e artificiali, delle strutture, delle fosse o buche, delle tombe sparse e in nuclei, ha permesso di leggere uno spaccato del territorio e di riconoscere un utilizzo, non solo agricolo, che attraversa questo lunghissimo arco di tempo. Alle molte evidenze perfettamente riconoscibili (abitazioni, palizzate, tombe e necropoli) se ne affiancano alcune ancor oggi di difficile comprensione, per questo d’estremo interesse e forse interpretabili come atti simbolici e/o rituali.
Proprio la metodologia d’indagine adottata, con il controllo sistematico di tutti gli strati da parte del personale operante in cava, ha quindi permesso di recuperare il vaso, nei pressi del capo orientale del lotto 3, all’interno di un livello immediatamente sottostante all’arativo. Il successivo e minuzioso accertamento, eseguito anche tramite il passaggio di metal detector, ha però evidenziato la natura prettamente sporadica del rinvenimento, avvenuto in un ambito che a causa dal ripetuto passaggio, purtroppo approfondito, di aratri non conserva tracce dell’originario contesto di deposizione.
Cristina Anghinetti (Abacus srl)


L'impegno di CCPL Inerti su Cava Spalletti
di CCPL Inerti, Parma

CCPL Inerti è l’erede diretto della tradizione del Gruppo CCPL nel campo delle costruzioni.
Grazie all’ampia disponibilità di cave e alla rete capillare di impianti produttivi, CCPL Inerti è in grado di offrire al mondo dell’edilizia un servizio costante, continuativo e di alta qualità, producendo e com-mercializzando sabbie, ghiaie, calcestruzzi e conglomerati bituminosi.
Con un valore della produzione di 40 milioni di euro e circa 85 dipendenti, CCPL Inerti anche nel 2012 si conferma azienda leader territoriale di questo settore.
L’attenzione nei confronti del territorio e la salvaguardia ambientale contraddistinguono il modus operandi di CCPL Inerti, da sempre impegnata nella ricerca di un equilibrio tra la propria attività estrat-tiva e il rispetto dell’ambiente. La coltivazione delle cave ha permesso a CCPL Inerti di sfruttare le po-tenzialità dei territori interessati e di restituirli poi alle comunità avvalorati da importanti progetti di riqualificazione. Parchi, oasi protette, piste ciclabili e verde pubblico a disposizione delle nuove genera-zioni sono solo alcuni dei progetti realizzati da CCPL Inerti nelle cave dismesse, ad esempio l’area natu-ralistica Cronovilla nel comune di Travesetolo (PR) è nata dalla recente opera di riqualificazione am-bientale del polo estrattivo G6 (Vignale di Traversetolo), mentre l’intervento di rinaturazione dell’area Foce Enza di Brescello ha permesso la realizzazione di un lago con area verde e pista ciclabile di colle-gamento a Guastalla (RE).
Questa politica di responsabilità sociale e ambientale ha condotto CCPL Inerti e l’intero Gruppo CCPL a virtuose collaborazioni con le istituzioni locali e l’associazionismo ecologico dimostrando la propria dedizione ai valori dell’impresa cooperativa.
La cava Spalletti
Sita in prossimità di Montecchio (RE) la cava Spalletti, una tra le maggiori in Emilia Romagna, è un si-to di elevato interesse archeologico. I piani di coltivazione prevedono quindi un controllo costante dei lavori di escavazione e gli addetti di CCPL Inerti ormai da alcuni anni lavorano quotidianamente a fianco degli archeologi di Abacus per garantire che i lavori di escavazione, non solo non mettano a rischio e-ventuali reperti, ma possano essere funzionali al loro ritrovamento.
Estrarre materiale inerte seguendo scrupolosamente le procedure e con l’attento lavoro di tutti gli operatori, ha permesso, negli anni, il ritrovamento di manufatti, monili e strutture di età afferenti a di-versi periodi storici. Questi ritrovamenti sono avvenuti anche grazie ad un importante impegno eco-nomico e finanziario di CCPL Inerti quantificabile in oltre 500.000€ tra costi direttamente imputabili al-le attività di ricerca e costi indirettamente imputabili alla stessa per la particolare metodologia di esca-vazione che si è dovuta adottare.
All’impegno profuso negli anni per il ritrovamento e la conservazioni di questi notevoli reperti storici, sull’area di Cava Spalletti si è poi affiancata un’importante opera di rinaturazione dei lotti a coltivazio-ne conclusa. Grazie ad un investimento di circa 1.500.000€, CCPL Inerti ha riconsegnato alla collettività un patrimonio verde completamente riqualificato e attrezzato citato dall’architetto e paesaggista An-dreas Kipar come esempio di best practice di recupero ambientale.
Il Gruppo Industriale Cooperativo CCPL
CCPL è uno dei maggiori Gruppi Industriali Cooperativi italiani e si posiziona tra le 300 più grandi a-ziende cooperativa al mondo. E’ contrassegnato da un’ampia diversificazione settoriale e il suo tratto distintivo risiede nella capacità di saper promuovere lo sviluppo imprenditoriale e la crescita dei vari settori di attività mantenendo viva l’identità e i valori di impresa cooperativa.
Con un valore della produzione di 785 milioni di euro, un patrimonio netto di 168 milioni di euro e oltre 2000 dipendenti nel 2011, il vasto portafoglio di business di CCPL si articola in 6 aree di attività: Fresh Food Packaging, Materiali da Costruzioni, Energia, Facility Management, Servizi alle Imprese, Pro-perty e Project Financing.
Da sempre proiettato all’innovazione il Gruppo ha da tempo avviato un marcato processo di espan-sione internazionale con presenza produttiva e commerciale in diversi Paesi europei ed in particolare in Spagna, Francia, Portogallo e Slovacchia.
CCPL, la storia in sintesi
CCPL fonda le sue radici nella storia della cooperazione italiana ed è tra le poche imprese italiane che hanno superato il traguardo dei 100 anni di vita.
Fondato nel 1904 quale consorzio di piccole cooperative edili emiliane, ha conosciuto un notevole sviluppo negli anni del dopoguerra e del boom economico, assumendo un ruolo di rilievo nella fase di ricostruzione e sviluppo del Paese in qualità di general contractor.
Nei primi anni ’90 CCPL avvia il processo di trasformazione della propria mission aziendale, che lo porta ad assumere l’attuale profilo di Gruppo Industriale Cooperativo multibusiness di carattere euro-peo.
Per informazioni: Alessandro Anceschi, Comunicazione e Relazioni Esterne
Tel. 0522/299249; Mob. 366/6652666; E – mail: alessandro.anceschi@ccpl.it


rassegna stampa web (indichiamo i link che ci pervengono dalle redazioni)

La Repubblica, Parma (Raffaele Castagno, 29/05/2012)
La Gazzetta di Parma (29/05/2012)
Archeofilìa (Roberta Zanasi, 29/05/2012)
Cinquew (29/05/2012)
La Voce d'Italia (Emanuela Cicoria, 30/05/2012)