Caterina Cornelio, Direttore scientifico degli scavi di Marano di
Castenaso
Archeologa della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna
A seguito della segnalazione relativa all’affioramento di tracce di
frequentazione dell’età del Ferro, effettuata dall’Ispettore Onorario Paolo
Calligola, alla fine del 2006 sono stati effettuati dei sondaggi in località
Marano di Castenaso, prima che venisse avviata la costruzione di nuove
abitazioni in Via della Pieve, in un lotto di terreno situato di fronte
all'antica pieve.
Per definire il dimensionamento dell’area di interesse archeologico, la
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ha prontamente
organizzato un gruppo di lavoro costituito da volontari e Ispettori Onorari,
sotto la guida dell’archeologa Caterina Cornelio.
Queste nuove indagini hanno individuato prima un segnacolo tombale e in seguito
alcune fosse che, come ha poi appurato il successivo scavo archeologico, sono
risultate pertinenti a sepolture.
Data la complessità dell’indagine archeologica e la pressante tempistica del
cantiere, la proprietà VMC Costruzioni di Casalecchio di Reno e la ditta
appaltatrice, nonché responsabile della Direzione Lavori, DMC Costruzioni s.r.l.
di Calderara di Reno, hanno incaricato delle attività archeologiche la società
La Fenice Archeologia e Restauro di Bologna.
I lavori di scavo si sono svolti sotto la direzione scientifica del
Soprintendente per i Beni Archeologici Luigi Malnati e dell’archeologa Caterina
Cornelio; i reperti sono stati prelevati sotto il controllo diretto dei
restauratori della Soprintendenza.
Lo scavo delle tombe si è svolto in due tranche, la prima tra la fine del 2006 e
i primi mesi del 2007, la seconda -dopo un’interruzione chiesta dalla Direzione
Lavori- tra l’autunno 2007 e il gennaio 2008, data conclusiva dei lavori.
Ritengo opportuno precisare che i dati che oggi vi forniamo sono del tutto preliminari, sia perché lo scavo si è appena concluso, sia per l’impossibilità di procedere allo studio puntuale dei reperti che, per ragioni conservative, verranno mantenuti racchiusi nel pane di terra recuperato al momento dello scavo, fino alla fase del restauro.
Complessivamente sono state riportate in luce nove tombe, tutte ad
incinerazione, otto entro cassa lignea e una a pozzetto, databili al VII secolo
a.C.
Di queste, quattro avevano copertura con ciottoli; tutte tranne una erano
evidenziate da un segnacolo tombale più o meno raffinato, collassato all’interno
della cassa. Una, la tomba 2 era addirittura connotata da due segnacoli.
I corredi sono costituiti sia da vasellame e suppellettili di vario uso in
bronzo, in qualche caso impreziosite da elementi in ambra o pasta vitrea, che da
vasellame in ceramica d’impasto o depurata, decorata da un variegato repertorio
ornamentale.
Seppure i corredi si siano rivelati tutti di grande pregio, tuttavia per la
dovizia di contenitori in bronzo -situle con o senza coperchio, ciste cordonate,
presentatoi, spilloni, fibule, etc.- si segnalano i corredi delle tombe 1, 2 e 3
oltre che, naturalmente, i complessi di oggetti recuperati dalle tombe 7-9,
caratterizzata dalla stele orientalizzante con suddipinture, 9 –la tomba a
pozzetto – e 8, anch’essa distinta dalla stele in arenaria, molto degradata,
decorata su entrambe le facce da motivi geometrici. Decorata da una stella a
cinque punte è pure la stele antropomorfa della tomba 5.
Le otto casse, tranne una, hanno il medesimo orientamento Ovest/Est e si
dispongono su due file. Al loro interno, la terra di rogo è stata deposta in
maniera diversificata, così come le suppellettili poste accanto al cinerario.