Bologna, 02/12/2005
Ufficio stampa

I primi dati di uno straordinario ritrovamento, un impianto produttivo per laterizi di età romana repubblicana
Lungo il percorso del canale romagnolo emergono a Ronta di Cesena un gruppo di fornaci romane in eccezionale stato di conservazione
Ritrovati intatti forni, vasche, pavimenti e portici del II sec. a.C.

a nord di Via Fornasaccia, lungo il tracciato del Canale Emiliano Romagnolo
 

 

Producevano tegole, coppi, mattoni e laterizi per pavimenti. Succedeva 2200 anni fa ma le strutture sono così intatte che, con un minimo di restauro, potrebbero funzionare anche oggi. Le fornaci romane scoperte vicino a Cesena non solo sono le più integre mai rinvenute in Emilia-Romagna, e forse in tutta l’Italia Settentrionale, ma consentiranno di ricostruire una modalità di utilizzo che finora avevamo solo ipotizzato. Assolutamente eccezionali per l’alta datazione e lo stato di conservazione, rappresentano un tassello fondamentale per la conoscenza delle varie fasi della romanizzazione in questo territorio.
Il ritrovamento è avvenuto due mesi fa in località Borgo di Ronta durante i lavori per la realizzazione di una condotta delle acque del Canale Emiliano Romagnolo nel comprensorio di Cesena ovest. I resti dell’imponente complesso di epoca romana repubblicana, comprendente fra l’altro due fornaci e una pavimentazione a mattoncini, sono talmente importanti che si è deciso di deviare il tracciato locale della condotta per salvaguardare i manufatti.
Le indagini archeologiche sono state condotte dalla società La Fenice Archeologia e Restauro di Bologna, sotto la direzione scientifica dell’archeologa Maria Grazia Maioli di questa Soprintendenza.
Attualmente sono visibili due fornaci rettangolari di grandi dimensioni -con prefurnio, camera da fuoco e camera di cottura- destinate alla produzione di laterizi, una pavimentazione in mattoncini riferibile ad una vasca di lavorazione, un grande vaso in terracotta (dolio) completamente interrato e resti di strutture murarie che mostrano, ben riconoscibili, le basi dei pilastri di un portico.
La fornace più grande misura m. 4,20 x 5 e presenta, al centro del piano forato, una lacuna da cui si intravede la camera da fuoco sottostante, con pilastrini alti circa 2 metri che reggono il piano su cui era posato il materiale da cuocere. Lo straordinario stato di conservazione di questa fornace consente di vedere sia le pareti della camera di cottura (con la parte inferiore ricavata direttamente dal terreno e concottata) che il prefurnio, dotato di condotto per l’immissione del fuoco. L’analisi del piano forato ha evidenziato tecniche di costruzione e tipologie di fori diverse, il che lascia supporre almeno tre allungamenti successivi della fornace stessa, dovuti ad ampliamenti dell’impianto.
La seconda fornace, di m. 3,80 x 3, ha una camera da fuoco diversa dalla precedente, costruita con una serie di archetti e muretti su cui venivano posati i pezzi da cuocere, in questo caso necessariamente di grandi dimensioni (probabilmente tegole). Anche questa fornace presenta un prefurnio e un camino per il tiraggio mentre le pareti della camera da fuoco sono costituite da mattoni in argilla cruda, poi cotti dal calore.
Generalmente, in un impianto quasi industriale di questo tipo, le fornaci erano almeno tre, in modo da essere usate in batteria e contemporaneamente (quando una veniva caricata, l’altra era in cottura e l’ultima veniva svuotata): è dunque possibile che l’area di scavo riservi nuove sorprese.
Un altro elemento di grande interesse è la vasca di lavorazione: il suo pavimento, composto da mattoncini, mostra chiaramente l’impronta di uno strumento circolare a dinamica rotante, forse una ventola per impastare l’argilla.
Straordinario poi il recupero di un dolio in laterizio, perfettamente intero e coperto da una tegola. Data la vicinanza alla vasca di lavorazione e rimanendo nell’ipotesi che vi si impastasse l’argilla, è possibile che contenesse semplice acqua per fluidificare l’impasto anche se la risposta verrà solo dall’analisi dei residui rinvenuti sul fondo.
Le fornaci di Ronta producevano certamente tegole e coppi ma sono stati trovati anche mattoncini per pavimenti, a esagonetta e per opus spicatum.
Le ceramiche recuperate consentono di datarle all’epoca romano repubblicana, probabilmente attorno alla fine del II sec. a. C., anche se il periodo di attività fu abbastanza lungo. Un sondaggio in profondità ha appurato che le strutture poggiano su altre più antiche, riferibili ad un impianto che ancora non è stato indagato: in ogni caso, si tratterebbe delle fornaci più antiche della Romagna, seconde solo a quella di Cà Turci di Cesenatico, che è stata datata alla fine del III sec. a.C. e dunque alla fase più antica di occupazione romana della zona. Le fornaci di Ronta si riferiscono invece ad un periodo in cui l’occupazione romana era già ben consolidata e pertanto necessitava di impianti produttivi di notevoli dimensioni per far fronte alla richiesta di materiale edilizio di abitanti e coloni.
Le dimensioni delle fornaci e dell’impianto rendono improponibile un loro spostamento tanto che, in accordo con il C.E.R., si è deciso di spostare il tracciato della condotta in modo da non intaccare i resti archeologici. I materiali e le strutture rinvenute dovrebbero entrare a far parte del settore espositivo del Museo della Centuriazione Romana, la cui futura sede è in corso di acquisizione da parte del Comune di Cesena nella zona di Bagnile.
Lo scavo per il Canale Emiliano Romagnolo continua ad essere un felice esempio di sinergia pubblico-privato, teso a cogliere una grande opportunità di studio e di ricerca.
Dai primi interventi degli anni ’70 a tutt’oggi, la collaborazione fra la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ed il C.E.R. ha garantito la sorveglianza degli Scavi/Valorizzazione d’opera da parte di personale specializzato e, nel caso di zone a rischio archeologico, controlli preventivi. Nel Cesenate l’attraversamento della centuriazione ha messo in luce numerosi reperti e zone archeologiche, individuando strade e case coloniche antiche, non solo di epoca romana.

Comunicato di Carla Conti, ufficio stampa della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, via Belle Arti n. 52 - 40126 Bologna, tel. 051.223773 – 051.220675 – 051.224402 - fax 051.227170 e-mail sba-ero.stampa@beniculturali.it