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Producevano
tegole, coppi, mattoni e laterizi per pavimenti. Succedeva 2200 anni fa ma le
strutture sono così intatte che, con un minimo di restauro, potrebbero
funzionare anche oggi. Le fornaci romane scoperte vicino a Cesena non solo sono
le più integre mai rinvenute in Emilia-Romagna, e forse in tutta l’Italia
Settentrionale, ma consentiranno di ricostruire una modalità di utilizzo che
finora avevamo solo ipotizzato. Assolutamente eccezionali per l’alta datazione e
lo stato di conservazione, rappresentano un tassello fondamentale per la
conoscenza delle varie fasi della romanizzazione in questo territorio.
Il ritrovamento è avvenuto due mesi fa in località Borgo di Ronta durante i
lavori per la realizzazione di una condotta delle acque del Canale Emiliano
Romagnolo nel comprensorio di Cesena ovest. I resti dell’imponente complesso di
epoca romana repubblicana, comprendente fra l’altro due fornaci e una
pavimentazione a mattoncini, sono talmente importanti che si è deciso di deviare
il tracciato locale della condotta per salvaguardare i manufatti.
Le indagini archeologiche sono state condotte dalla società La Fenice
Archeologia e Restauro di Bologna, sotto la direzione scientifica
dell’archeologa Maria Grazia Maioli di questa Soprintendenza.
Attualmente sono visibili due fornaci rettangolari di grandi dimensioni -con
prefurnio, camera da fuoco e camera di cottura- destinate alla produzione di
laterizi, una pavimentazione in mattoncini riferibile ad una vasca di
lavorazione, un grande vaso in terracotta (dolio) completamente interrato e
resti di strutture murarie che mostrano, ben riconoscibili, le basi dei pilastri
di un portico.
La fornace più grande misura m. 4,20 x 5 e presenta, al centro del piano forato,
una lacuna da cui si intravede la camera da fuoco sottostante, con pilastrini
alti circa 2 metri che reggono il piano su cui era posato il materiale da
cuocere. Lo straordinario stato di conservazione di questa fornace consente di
vedere sia le pareti della camera di cottura (con la parte inferiore ricavata
direttamente dal terreno e concottata) che il prefurnio, dotato di condotto per
l’immissione del fuoco. L’analisi del piano forato ha evidenziato tecniche di
costruzione e tipologie di fori diverse, il che lascia supporre almeno tre
allungamenti successivi della fornace stessa, dovuti ad ampliamenti
dell’impianto.
La seconda fornace, di m. 3,80 x 3, ha una camera da fuoco diversa dalla
precedente, costruita con una serie di archetti e muretti su cui venivano posati
i pezzi da cuocere, in questo caso necessariamente di grandi dimensioni
(probabilmente tegole). Anche questa fornace presenta un prefurnio e un camino
per il tiraggio mentre le pareti della camera da fuoco sono costituite da
mattoni in argilla cruda, poi cotti dal calore.
Generalmente, in un impianto quasi industriale di questo tipo, le fornaci erano
almeno tre, in modo da essere usate in batteria e contemporaneamente (quando una
veniva caricata, l’altra era in cottura e l’ultima veniva svuotata): è dunque
possibile che l’area di scavo riservi nuove sorprese.
Un altro elemento di grande interesse è la vasca di lavorazione: il suo
pavimento, composto da mattoncini, mostra chiaramente l’impronta di uno
strumento circolare a dinamica rotante, forse una ventola per impastare
l’argilla.
Straordinario poi il recupero di un dolio in laterizio, perfettamente intero e
coperto da una tegola. Data la vicinanza alla vasca di lavorazione e rimanendo
nell’ipotesi che vi si impastasse l’argilla, è possibile che contenesse semplice
acqua per fluidificare l’impasto anche se la risposta verrà solo dall’analisi
dei residui rinvenuti sul fondo.
Le fornaci di Ronta producevano certamente tegole e coppi ma sono stati trovati
anche mattoncini per pavimenti, a esagonetta e per opus spicatum.
Le ceramiche recuperate consentono di datarle all’epoca romano repubblicana,
probabilmente attorno alla fine del II sec. a. C., anche se il periodo di
attività fu abbastanza lungo. Un sondaggio in profondità ha appurato che le
strutture poggiano su altre più antiche, riferibili ad un impianto che ancora
non è stato indagato: in ogni caso, si tratterebbe delle fornaci più antiche
della Romagna, seconde solo a quella di Cà Turci di Cesenatico, che è stata
datata alla fine del III sec. a.C. e dunque alla fase più antica di occupazione
romana della zona. Le fornaci di Ronta si riferiscono invece ad un periodo in
cui l’occupazione romana era già ben consolidata e pertanto necessitava di
impianti produttivi di notevoli dimensioni per far fronte alla richiesta di
materiale edilizio di abitanti e coloni.
Le dimensioni delle fornaci e dell’impianto rendono improponibile un loro
spostamento tanto che, in accordo con il C.E.R., si è deciso di spostare il
tracciato della condotta in modo da non intaccare i resti archeologici. I
materiali e le strutture rinvenute dovrebbero entrare a far parte del settore
espositivo del Museo della Centuriazione Romana, la cui futura sede è in corso
di acquisizione da parte del Comune di Cesena nella zona di Bagnile.
Lo scavo per il Canale Emiliano Romagnolo continua ad essere un felice esempio
di sinergia pubblico-privato, teso a cogliere una grande opportunità di studio e
di ricerca.
Dai primi interventi degli anni ’70 a tutt’oggi, la collaborazione fra la
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ed il C.E.R. ha
garantito la sorveglianza degli Scavi/Valorizzazione d’opera da parte di personale
specializzato e, nel caso di zone a rischio archeologico, controlli preventivi.
Nel Cesenate l’attraversamento della centuriazione ha messo in luce numerosi
reperti e zone archeologiche, individuando strade e case coloniche antiche, non
solo di epoca romana.
Comunicato di Carla Conti, ufficio stampa della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, via Belle Arti n. 52 - 40126
Bologna, tel. 051.223773 – 051.220675 – 051.224402 - fax 051.227170 e-mail
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