È in edicola l’ultimo numero di Forma Urbis interamente dedicato al femmineo nell’antichità, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
Forma Urbis Anno XIX - n. 3 - Marzo 2014
Donne nell’antichità
Sovrane combattive, potenti aristocratiche, figure mitiche o mitologiche spesso passate alla storia. Un suggestivo affresco in cui si alternano donne forti o rassegnate che hanno saputo opporre la propria voce al silenzio dell'ignoranza e al mutismo dell'obbedienza
Da
qualche anno il prestigioso mensile Forma Urbis dedica il numero di marzo alle
diverse declinazioni del femmineo nell’antichità mentre dal 2012 la
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna propone, in occasione
della Giornata ONU per l’eliminazione della violenza contro le donne,
l’iniziativa “Donne nell’antichità. Le radici della civiltà del rispetto”, serie
di eventi mirati a riscoprire quanto il mondo antico ha elaborato rispetto a una
considerazione positiva del ruolo femminile.
Inevitabile che il comune obiettivo portasse i due soggetti a collaborare,
focalizzando l’attenzione su quegli aspetti del mondo etrusco-italico e romano
-e non solo- che già esprimono un netto superamento della visione spesso troppo
maschilista di quello greco antico.
Da questo abbraccio fra Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna e Forma Urbis –tra l’altro Media partner dell’edizione 2013-
nasce il numero di Marzo 2014 che sotto il titolo di “Donne nell’antichità”
raccoglie una serie di approfondimenti curati quasi interamente da archeologi
della Soprintendenza.
La rivista, in edicola in questi giorni, si apre con l’editoriale di Simona
Sanchirico dedicato all’esponente femminile per eccellenza del clero apollineo,
la Pizia di Delfi, la sacerdotessa di Apollo che pronunciava gli oracoli per
conto del dio, assisa su quella fenditura nel terreno da cui usciva lo pneuma
divino, il fumo capace di inebriarla prima di profetizzare.
La presentazione dell’ex Soprintendente per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, Filippo Maria Gambari, oggi al vertice della Lombardia,
tira le somme di queste due edizioni della kermesse –che hanno visto il
coinvolgimento progressivo di sempre nuovi partner e associazioni-, rimarcando
il ruolo dell’antichità quale fonte di ispirazione e riflessione anche, o forse
proprio, in virtù della sua lontananza dalle attuali divisioni politiche e
religiose.
I successivi approfondimenti degli archeologi della Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna e dei loro collaboratori sono accomunati
dall’obiettivo di analizzare aspetti della condizione femminile trascurati o
ignorati rispetto a luoghi comuni e ad atteggiamenti -purtroppo assai diffusi-
che interpretano la violenza contro le donne come un fenomeno “naturale”,
radicato e giustificato fin dall’antichità.
Si va da “Uomini che inseguono le donne. La non-immagine della violenza contro
le donne sui vasi attici dalla città etrusca di Spina” di Mario Cesarano, con
approfondimenti di Chiara Ballerini, Chiara Guadagnino ed Eleonora Poltronieri,
a “Donne etrusche e donne greche: due casi dalla necropoli di Spina” di
Valentino Nizzo, con approfondimenti di Chiara Ballerini, Paola Cossentino,
Eleonora Poltronieri ed Eleonora Rossetti, al contributo di Francesca Cenerini,
docente di Storia Romana all’Università degli Studi di Bologna, che illustra la
storia leggendaria della morigerata “Lucrezia”, capace di morire pur di non
disonorare la propria virtù.
Chiudono questo numero dedicato alle donne nell’antichità l’articolo di Filippo
Maria Gambari, “Boudica e la rivendicazione del rango femminile nel mondo
celtico” e quello di Manuela Catarsi dal titolo “Le donne dei guerrieri venuti
dal Nord”.
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