Il raffinato allestimento realizzato in collaborazione con la maison Bulgari
inaugurazione giovedì 10 giugno 2010, ore 12
(apertura cancelli fino alle ore 16)
FERRARA, Museo Archeologico Nazionale, Via XX settembre n. 122 - info 0532 66299
Sono
orecchini, anelli, diademi, collane, ciondoli e monili, circa un centinaio di
gioielli d’oro e d’argento, ambra e pasta vitrea, rinvenuti nei corredi tombali
di Spina e datati tra il V e il IV secolo a.C.: oggetti di manifattura greca ed
etrusca che parlano al femminile e documentano l’elevata raffinatezza degli
artefici che li produssero.
La neonata “Sala degli Ori” si candida a catalizzare l’attenzione dei visitatori
del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara. Ma quella che si inaugura giovedì
10 giugno, alle ore 12, è una vera e propria stanza del lusso, che espone anche
altri oggetti preziosi, incluse due pissidi in marmo e numerosi balsamari in
pasta vitrea. Per realizzare il raffinato e innovativo allestimento, la
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici e la Soprintendenza per
i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna si sono avvalse della collaborazione di
Bulgari che per il solo giorno dell’inaugurazione esporrà in una stanza attigua
una selezione di gioielli vintage che il pubblico potrà ammirare fino alle ore
16.
La collezione dei preziosi è costituita da pezzi in gran parte inediti e
sconosciuti al pubblico che vanno ad integrare il percorso espositivo dedicato
alla necropoli di Spina.
Le tombe hanno restituito diversi prodotti di oreficeria, in parte ascrivibili
all’artigianato etrusco, in parte affini ad analoghi gioielli magno-greci. La
maggior parte dei preziosi è stata rinvenuta in sepolture risalenti all’ultimo
ventennio del V sec. a. C., a quegli anni compresi tra il 420 e il 400 che
costituirono per questo centro etrusco un’epoca di generalizzato benessere. Le
tecniche di lavorazione delle oreficerie attestano l’elevato grado di abilità
raggiunta dalle botteghe artigiane in questo periodo; d’altronde Spina era uno
dei più importanti centri di smistamento dell’ambra baltica.
I materiali usati sono l’oro, l’argento, l’ambra, le pietre semipreziose (agata,
corniola, cornalina) e le paste vitree, materiali che, nell’oscurità della
tomba, evidenziano il riflesso di luoghi e liturgie che alludono al potere e
alla ricchezza, nascondigli che custodiscono tesori esclusi dai riti quotidiani
e destinati, all’occorrenza, agli usi cerimoniali. Gli orecchini -il gioiello
più frequente nelle sepolture- sono in genere di forma tubolare ricurva, con
estremità configurata a protome di ariete o leone, a testa femminile e di
Acheloo, tipici dell’area etrusco-padana. Più scarse le fibule, in bronzo e
argento, utilizzate per chiudere le vesti o i lembi del sudario. Gli anelli, a
sottile verga d’oro, hanno a volte castoni in pasta vitrea mentre le collane, di
cui non mancano esemplari in oro, sono in genere formate da vaghi e pendenti in
ambra alternati a perle in pasta vitrea.
Rispetto all’elevata percentuale dei vasi attici di V e della prima metà del IV
sec. a.C., a Spina la presenza di manufatti in oro nei corredi è relativamente
eccezionale e quasi sempre ascrivibile all’universo femminile. Oltre ad amuleti
di vario materiale, nelle tombe vengono occultati intenzionalmente pochi monili
in oro, realizzati probabilmente da officine locali che, pur basandosi su
esperienze artigianali precedenti, riescono a ideare nuovi tipi di gioielli e a
lanciare nuovi stili, vincendo le sfide tecniche e artistiche connaturate al
linguaggio del lusso e della moda.
Gli ori e i reperti preziosi di Spina ostentano il prestigio familiare esaltando
al tempo stesso il valore carismatico dell’orafo-artigiano, il demiurgo che
manipola materiali che simboleggiano l’eternità in rapporto alla ciclicità e
caducità della vita umana, secondo linguaggi e valori di carattere universale.
Nell’antichità come al giorno d’oggi, i gioielli consentono di entrare in un
mondo in cui il fascino esercitato dal loro valore intrinseco si sposa a una
miriade di altri significati e valori, affettivi, economici, tecnici e
storico-artistici, oltre a mediare il concetto di incorruttibilità dell’oro e di
chi lo indossa in opposizione alla caducità della vita.
Il museo è aperto dal martedì alla domenica dalle 9 alle 14
Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara è situato nel cinquecentesco
palazzo tradizionalmente attribuito al Duca di Milano Ludovico Sforza, detto il
Moro, ma in realtà di proprietà di Antonio Costabili, segretario di Ludovico e
personalità di spicco della corte del Duca Ercole I d’Este. Eretto su progetto
di Biagio Rossetti (1495-1504), il palazzo è rimasto incompiuto. Dopo alterne
vicende, nel 1920 il palazzo fu acquisito dallo Stato che quindici anni dopo vi
inaugurò il Museo Archeologico Nazionale, uno dei più importanti al mondo per la
ceramica attica a figure rosse.
Il museo conserva ed espone le testimonianze archeologiche ritrovate nella
provincia di Ferrara, prime tra tutte quelle provenienti dagli scavi del
fiorente porto commerciale etrusco di Spina che, tra il VI e il III sec. a.C.,
rappresentò uno dei centri focali della regione. Nelle sale del Museo sono
esposti alcuni dei corredi ritrovati nelle oltre 4mila tombe della necropoli
della città (necropoli di valle Trebba e di Valle Pega), reperti talora
veramente impressionanti per bellezza e ricchezza che accompagnavano il defunto
nel viaggio verso l’oltretomba. Tra tali oggetti e manufatti, l’elemento più
rilevante è costituito dall’imponente raccolta di vasi attici a figure rosse di
V sec. a.C. e in generale dalla ceramica attica figurata che, nelle ripetute
associazioni funzionali che ruotano attorno al cratere, evoca principalmente (e
soprattutto nelle sepolture di rango) i rituali del convito e del simposio.
Nel 2007 sono state aperte al pubblico otto nuove sale che hanno raddoppiato la
superficie espositiva; si sono anche conclusi i restauri dell’Aula Costabiliana,
o “Sala del Tesoro”, magistralmente affrescata in stile mantegnesco da Benvenuto
Tisi, detto il Garofalo, tra il 1503 e il 1506. Recentissima l’inaugurazione del
nuovo spazio espositivo dedicato alle due piroghe, imbarcazioni monossili,
presumibilmente di età tardo romana (III-IV secolo d.C.), rinvenute nel 1940 in
Valle Isola, nel territorio ferrarese