Devozioni e divinità nella vita quotidiana dei romani, testimonianze
archeologiche dall’Emilia-Romagna.
Iconografia del sacro e culti privati durante il dominio romano nella nostra
regione
Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico
Palazzo Piella, Corso Martiri 204
da sabato 15 dicembre 2007 a domenica 17 febbraio 2008
orari: sabato 16-18 e domenica 10-12
Ingresso gratuito
L’amuleto
a forma fallica e l’ornamento con Giove Ammone, la lucerna con l’immagine di
Apollo e quella con il busto di San Pietro, la gemma magica e la testa di
Ercole. C’è quasi un millennio di storia nei 180 pezzi -alcuni esposti per la
prima volta, molti abitualmente conservati nei depositi- protagonisti della
mostra “Immagini divine”, al via al Museo Civico Archeologico di Castelfranco
Emilia dal 15 dicembre 2007. Un viaggio serissimo tra quegli oggetti che
rappresentano le varie manifestazioni della religiosità familiare, popolare e
popolaresca al tempo dei Romani, excursus originale e spesso curioso tra gli
aspetti direttamente legati alla sfera privata e alle credenze individuali, più
che ai ben noti rituali dei culti ufficiali.
Un’esposizione che, pur nella sua scientificità, punta l’attenzione sugli
aspetti più inusuali della vita dei romani, offrendo un quadro molto più
comprensibile di quello tradizionalmente presentato. Immagine esemplare è quella
di un dominus che di giorno assiste togato e impettito ai riti pubblici e
di notte fa le corna e getta fave negli angoli bui per proteggere casa e
famiglia dai fantasmi irrequieti di spiriti e defunti errabondi: due facce della
stessa medaglia e due aspetti che necessariamente coesistevano nella vita di
tutti i giorni.
La mostra espone reperti archeologici provenienti da 21 musei
dell’Emilia-Romagna e San Marino. Nove sezioni che spaziano dai culti domestici
al rapporto tra politica e religione, dalle divinità di casa a quelle venute da
lontano, in un percorso che passando anche per la magia e la superstizione
approda all’affermazione, con il cristianesimo, di un unico Dio. Tra i tanti
simboli di un panorama così variegato, la statuetta di Ecate triforme e la
falera di Giove Ammone -divinità straniere e diversissime tra loro- offrono un
esempio dell'integrazione religiosa conseguente all’espansione dell'impero
romano mentre la testa eburnea di Ercole o l’Afrodite accovacciata - reperti di
notevole qualità artistica e materiale- indicano il grado di raffinatezza
raggiunto anche nei piccoli oggetti domestici e la volontà dei padroni di casa
di circondarsi di oggetti di notevole pregio sia per il proprio gusto che per
l'ostentazione pubblica. Le gemme magiche e gli amuleti fallici testimoniano un
modo di vivere la religiosità che si affida anche a pratiche particolari e a
protezioni garantite da oggetti, riti e formule magiche; le statuette
dell’Ercole ebbro e dell’Orfeo che suona la cetra indicano nell’aspirazione al
buon vivere la "soluzione" per una vita piacevole, lontana dagli affanni del
lavoro quotidiano. I tempietti della nave di Comacchio, un unicum archeologico,
sono i testimonial dei culti domestici e la lastra di Atena e Vittoria su globo,
simboli del potere centrale, attestano come le immagini servissero a veicolare
il messaggio politico. La mostra si chiude sulla sezione dedicata al tramonto
del paganesimo e all’avvento del monoteismo: le immagini cambiano soggetto, su
ciondoli e lucerne appaiono chrismón (l’intreccio tra le lettere greche X e P,
iniziali della parola Cristos), croci, colombe, pavoni, persino un busto di San
Pietro decorano ciondoli e lucerne, diffondendo la nuova religione e dichiarando
al tempo stesso l’appartenenza al nuovo credo cristiano.
Quando, nel 268 a.C., i coloni romani si affacciano nella Valle Padana per
fondare Ariminum, si trovano di fronte un territorio con una popolazione molto
composita, formata da diverse tribù galliche sopra un substrato umbro-etrusco,
con tradizioni, e quindi con credenze religiose, molto varie. Gli stessi coloni
hanno peraltro origini variegate: ad una prevalenza di latini si uniscono
sabini, campani e quanto offre il panorama esistente a Roma, già città
multietnica. La tradizione religiosa romana portata dai colonizzatori coniuga
quindi una religione pubblica, codificata per quanto riguarda i riti, ed una
religiosità privata, collegata alle tradizioni popolari e familiari, molto più
variata e difficile da precisare, anche per la quasi assoluta mancanza di fonti
relative.
La religione romana è sempre stata caratterizzata da una notevole recettività.
Le divinità tradizionali incorporano gli dei delle popolazioni conquistate,
assumendone le caratteristiche anche in modo sincretistico; allo stesso modo
vengono accettate nuove divinità e nuovi culti, assimilando innumerevoli
manifestazioni religiose, a meno che queste non mettano in pericolo
l’ordinamento dello Stato, che in ogni caso presiedeva e controllava gli aspetti
pubblici del culto; le manifestazioni private erano più libere e come tali più
difficili da identificare e interpretare, almeno dal punto di vista
archeologico.
L’esposizione, posta sotto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, è organizzata dal Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia in
collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, le Università degli Studi di Bologna e Ferrara e l’Istituto
per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna. Mostra
e catalogo sono curati da Jacopo Ortalli dell’Università degli Studi di Ferrara
e dalla direttrice del museo Diana Neri.
La mostra è aperta su richiesta per gruppi e scolaresche anche in altri orari da concordare chiamando il Settore Tutela e Gestione Beni Culturali e Paesaggistici tel. 059.959367