Belli
e dannati. Così sono i reperti che le Forze dell’Ordine sequestrano a tombaroli,
antiquari, venditori online, collezionisti senza scrupoli e cittadini spesso
insospettabili. Oggetti senza voce né memoria, cui lo scavo abusivo ha tolto
ogni identità e che mai potranno raccontare provenienza, contesto e tutti i dati
indispensabili alla loro comprensione. Lo scavo clandestino cancella la Storia e
le storie dei singoli reperti, con un danno irreparabile per la ricerca
archeologia e la cultura tutta.
Ora un gruppo di 180 oggetti recuperati nel 1963 nella provincia di Ravenna
costituirà il primo nucleo del Museo Archeologico dell’Università, uno spazio
espositivo ricavato nel complesso di San Giovanni in Monte, sede dell’ateneo
bolognese.
Grazie all’accordo tra Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia
Romagna e Dipartimento di Archeologia sarà possibile studiare e valorizzare i
materiali recuperati da sequestri effettuati tra gli anni ’60 e gli anni ’80 dai
Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e dati in carico alla
Soprintendenza
Il progetto non mira solo ad esporre materiale archeologico altrimenti
inaccessibile al pubblico, ma dà voce a un patrimonio che sarebbe rimasto “muto
e inascoltato” perché sottratto al naturale contesto di appartenenza. Sarà
catalogato, studiato e reso disponibile agli specializzandi in archeologia,
riacquistando parallelamente il ruolo che compete ad ogni bene culturale:
educare e comunicare.
È prevista la rotazione dei reperti esposti e la predisposizione di percorsi
tematici che illustrando gli aspetti della vita quotidiana, del rituale
funerario, della produzione e dei commerci nel mondo antico, diano modo di
conoscerli attraverso il loro aspetto funzionale. Ci sarà anche una sezione
dedicata al collezionismo illegale, una prassi strettamente congiunta al
traffico dei beni archeologici, illustrato dalla presenza di falsi, spesso
“mescolati” ai pezzi autentici nei lotti illecitamente commerciati.
In aggiunta al valore e alla funzione che l’iniziativa può svolgere sul piano
della ricerca, della didattica, della valorizzazione, questa iniziativa, forse
l’unica di tal genere in Italia, rappresenta anche un nuovo sistema di
interazione fra Enti che hanno sempre agito nello stesso ambito “d’azione”.
Oltre all’impegno di Soprintendenza e Università, questo museo nasce anche dal
lavoro degli studenti che in tre tesi di laurea si sono cimentati nella
“creazione e realizzazione” di un progetto comune volto alla valorizzazione di
una porzione magari piccola di patrimonio archeologico ma pur sempre da
restituire alla comunità.
All’esposizione di questi primi reperti provenienti dalla Daunia (antica regione
della Puglia) e databili tra il VII e il III sec. a. C. seguirà quella di altri
250 manufatti dell’età del ferro e di epoca romana.
Cartella stampa e foto su
http://www.archeobologna.beniculturali.it/download/download.htm