La carta geoarcheologica di Bologna
è stata redatta con l'obiettivo di condividere le conoscenze acquisite in anni
di studi sul sottosuolo di Bologna che conserva importanti testimonianze delle
diverse fasi di sviluppo della città nella storia.
Composta da cartografie e immagini relative al periodo romano e post–romano che
interessano l’area urbana bolognese, la carta è frutto della collaborazione tra
Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna,
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Alma Mater
Studiorum Università di Bologna. Sul fronte, due carte e una sezione illustrano
l’andamento morfologico del piano romano e lo spessore dei sedimenti che lo
ricoprono. Sul retro, ci si sofferma su concetti quali il suolo, gli ambienti
deposizionali del passato e la distribuzione dei sedimenti che separano il piano
romano da quello attuale.
Download della carta sul sito del Servizio Geologico Simico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna
BOLOGNA SEPOLTA
La città di Bologna offre al forestiero di passaggio numerose suggestioni
del passato. All’interno di quel che resta delle mura del XIII secolo coesistono
testimonianze di età medievale, moderna e contemporanea, ogni elemento
architettonico racconta un preciso momento storico, consuetudini, usi, costumi e
progresso tecnologico.
Quello che il visitatore non può intuire, neppure dalla più attenta osservazione
del centro storico, è che sotto i propri piedi c’è un’altra storia della città.
Le indagini archeologiche, fortuite o programmate, condotte negli ultimi 40 anni
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, hanno permesso
di capire quanto ancora si conserva nel sottosuolo, facendo emergere una realtà
diacronica che ci restituisce in modo sufficientemente approfondito l’evoluzione
urbanistica della città di Bologna, dall’età del Ferro al Rinascimento.
Le informazioni più significative e meglio documentabili riguardano comunque la
città romana di cui è emerso, a tratti, il tessuto urbano ben definito fin dal
momento della sua fondazione come colonia, avvenuta nel 189 a.C., due anni prima
della costruzione della via Aemilia. L’impianto cittadino si estendeva, secondo
una preordinata pianificazione, in un areale compreso tra gli attuali assi di
via Marconi-Piazza Malpighi a ovest, via Castiglione a est, via Farini-Carbonesi
a sud e via Riva Reno-Augusto Righi a nord.
Il limite cittadino era definito da due corsi d’acqua, il rio Vallescura a
occidente e il torrente Aposa a oriente; gli altri due lati erano invece
delimitati da due fossati che furono colmati nel corso del tempo.
Il reticolo di strade, ortogonali tra loro, suddivideva il tessuto urbano in
isolati regolari, incentrati sulle due vie principali – il cardo e il
decumanus maximi – e sulla piazza principale, il foro, racchiuso tra gli
edifici pubblici civili e religiosi.
All’interno degli isolati si trovavano le abitazioni private, alcune dotate di
elementi architettonici e pavimentali di grande pregio formale; nei carrobbi
principali si attestavano tracciati viari che collegavano la colonia ad altre
città distribuite nel territorio. Nell’immediato suburbio, lungo le principali
vie, erano collocate le aree di necropoli caratterizzate dalla presenza di
sepolture di varia tipologia tra cui anche grandi sepolcri e segnacoli di
notevole impatto visivo e architettonico.
LE CARTE E LA SEZIONE
L’analisi di circa cinquecento relazioni di scavo e di oltre mille sondaggi
a carotaggio continuo ha permesso, in primo luogo, la ricostruzione della
morfologia del paleosuolo romano. Per paleosuolo romano si intende il suolo
sepolto, che si rinviene generalmente tra 2 e 5 metri al di sotto della città di
Bologna, all’interno del quale sono presenti testimonianze delle diverse fasi di
occupazione del territorio, dall’età del ferro alla caduta dell’Impero Romano.
La scelta di definire questo suolo sepolto come paleosuolo romano dipende dal
fatto che in esso sono prevalenti i rinvenimenti archeologici relativi al
periodo romano.
Le carte e la sezione illustrano l’andamento del paleosuolo romano nel
sottosuolo, lo spessore di sedimenti che lo separano dal piano topografico
attuale e la ricostruzione della ipotetica rete viaria romana e delle
modificazioni subite dal reti colo idrografico dall’età romana a oggi. In vaste
aree della pianura bolognese un drappo di sedimenti , spesso fino a 9 metri,
ricopre il paleosuolo romano.
Nella carta, il paleosuolo romano mostra una leggera inclinazione verso nord con
pendenze che diminuiscono allontanandosi dalle colline fino a diventare quasi
impercettibili verso la pianura, ed è solcato da pronunciate incisioni fluviali.
I dati analizzati hanno permesso di elaborare un'ipotetica ricostruzione del
reticolo idrografico di età romana. Il fiume Reno e il torrente Savena, per il
quale vengono proposti due percorsi distinti, seguivano tracciati diversi da
quelli odierni e scorrevano più vicini alla città, con una probabile confluenza
a nord di questa.
La profondità cui si rinviene nel sottosuolo il paleosuolo romano dipende dallo
spessore dei sedimenti che lo ricoprono ed è massima proprio in corrispondenza
delle antiche incisioni fluviali e nelle aree attualmente occupate dal Reno e
dal Savena. In queste aree l’attività fluviale ha letteralmente asportato il
paleosuolo romano e tutte le evidenze archeologiche ad esso associate.
Al contrario, a nord-ovest e a nord-est di Bologna, il paleosuolo romano è
sepolto poche decine di centimetri al di sotto del piano topografico attuale. Va
quindi sottolineato come lo spessore dei sedimenti che ricoprono il paleosuolo
romano sia funzione delle dinamiche fluviali, raggiungendo i massimi valori
nelle aree, esterne alla città, in cui i processi fluviali (avulsioni,
migrazioni, alluvioni) si sono esplicati in un contesto quasi del tutto
naturale.
La sezione geologica, tracciata grosso modo lungo la via Emilia, evidenzia la
variabilità dello spessore dei sedimenti che hanno sepolto il paleosuolo romano
e la migrazione laterale dei corsi d’acqua, avvenuta dall’età romana a oggi. La
sezione illustra inoltre la distribuzione dei rinvenimenti archeologici, di cui
sono riportati alcuni significativi esempi, e mostra come questi siano
estremamente più diffusi nella zona del centro storico.
Il tracciato delle antiche vie romane è stato ipotizzato sulla base dei pochi
ritrovamenti archeologici disponibili e dell’analisi del rapporto tra alcune vie
attuali e l’assetto morfologico del territorio.
Il quadro che emerge è quello di un contesto di forte interazione tra le
componenti naturali del territorio e l’azione antropica.
L’INTERVENTO DELL’UOMO SUL TERRITORIO IN EPOCA ROMANA
In epoca romana, pur essendo maturata una considerevole capacità di
trasformare il territorio, si assiste a un sostanziale equilibrio tra la
componente umana e quella fisiomorfologica.
Le modifiche e le profonde trasformazioni attuate dall’uomo nel paesaggio, in
questo periodo storico, hanno sempre infatti tenuto conto della geografi a
fisica del territorio in cui si veniva ad intervenire, legando strettamente
l’intervento umano alle caratteristiche morfologiche del terreno.
Uno degli esempi più evidenti delle trasformazioni che in età romana hanno
interessato il territorio, soprattutto il settore di pianura, è senza dubbio
fornito dal sistema della centuriazione.
La sua realizzazione ha trasformato in modo radicale il paesaggio con
l’abbattimento del bosco, la regimentazione dei corsi d’acqua, il prosciugamento
e la bonifica di ampie zone paludose attraverso un sistema capillare di scolo
delle acque adattato alla morfologia del terreno.
La centuriazione è ancora percepibile nelle aree in cui il paleosuolo romano
giace a poca profondità dal piano topografico attuale; in queste aree ancora
oggi la viabilità e l’organizzazione del territorio mantengono l’orientamento
centuriale.
In epoca romana l’insediamento sul territorio è capillare, sia in pianura sia
nelle zone pedecollinari. La frequentazione umana si distribuisce lungo i
percorsi vallivi, sede di viabilità di collegamento con i valichi appenninici.
Il territorio, scandito dalla presenza di strade di media e di lunga
percorrenza, spesso affiancate da piccoli nuclei cimiteriali, vede un alternarsi
di impianti produttivi, edifici rurali isolati di varia volumetria e piccoli
agglomerati che si distribuiscono in maniera organica sul territorio.
Al paesaggio prettamente agricolo e produttivo, dove le zone incolte si riducono
sempre più alle fasce golenali e alle aree topograficamente più depresse o di
difficile accessibilità, si salda, in uno stretto e imprescindibile binomio, lo
spazio urbano e la fondazione delle città può essere considerata uno degli
aspetti più importanti e significativi della romanizzazione.
IL SUOLO
Il suolo occupa la parte superiore della superficie terrestre e permette la
vita dei vegetali, degli animali e dell’uomo. Esso è il risultato della
disgregazione e alterazione della roccia ad opera degli eventi climatici, della
geomorfologia, del tempo che passa, della vegetazione e degli organismi viventi
.
Anche l’azione dell’uomo lo condiziona e può modificarlo fortemente. Attraverso
tutti i processi che concorrono alla formazione di un suolo (definiti
pedogenesi), il materiale di partenza si trasforma e si riorganizza in strati
con caratteristiche peculiari, spessi generalmente da pochi centimetri ad alcuni
decimetri, denominati orizzonti.
Nella porzione più superficiale del suolo si concentra la materia organica, che
conferisce un tipico colore scuro (orizzonte A), e avvengono le principali
trasformazioni minerali del materiale d’origine. Se la pedogenesi prosegue per
molto tempo (1.000-2.000 anni), uno dei processi che più frequentemente si
osservano nei nostri climi è la dissoluzione dei carbonati . I carbonati,
tipicamente presenti nel materiale di partenza, vengono lisciviati
dall’orizzonte più superficiale e si accumulano sotto forma di concrezioni
biancastre nella parte inferiore del sottostante orizzonte B. All’aumentare
della profondità i processi pedogenetici diventano via via meno intensi, fino a
cessare del tutto (orizzonte C).
Affinché possa avvenire la trasformazione del materiale di partenza è necessario
che quest’ultimo rimanga stabilmente esposto sulla superficie terrestre. In un
contesto di pianura alluvionale, come quello della pianura bolognese, ciò è
possibile se, per un tempo sufficientemente lungo, non si verificano
alluvionamenti che porterebbero al seppellimento del materiale d’origine, da
parte di acqua e sedimento, e all’interruzione del processo di alterazione.
Dalla durata dell’esposizione in superficie del materiale d’origine (decine,
centinaia o migliaia di anni), dipende il grado di alterazione del suolo che
aumenta progressivamente con il tempo.
Analizzando il grado di alterazione di un suolo è possibile pertanto avere una
idea approssimati va di quanto tempo esso sia rimasto esposto sulla superficie
della pianura.
I suoli, affioranti e sepolti, rinvenuti nella pianura bolognese documentano
quindi dei periodi di rallentamento o stasi dell’attività fluviale, a loro volta
indicativi di intervalli climatici poco piovosi e sufficientemente lunghi.
La presenza di suoli sepolti (definiti in geologia paleosuoli) nel primo
sottosuolo della pianura bolognese testimonia l’alternanza di fasi climatiche
più o meno piovose della durata di centinaia o migliaia di anni. Questi
paleosuoli sono intercalati da depositi alluvionali che non hanno subito alcuna
pedogenesi e che sono indicativi degli alluvionamenti avvenuti nella pianura
durante i periodi di maggiore piovosità.
IL PALEOSUOLO ROMANO
Nel primo sottosuolo dell’area bolognese sono presenti due suoli sovrapposti
la cui età è stata determinata grazie a numerosi ritrovamenti archeologici, a
mirate datazioni al Carbonio 14 e all’analisi del loro grado di alterazione.
Il suolo più profondo e antico ha un’età compresa tra il Neolitico (circa
5500-3400 a.C.) e l’Eneolitico (circa 3400-2300 a.C.) ed è documentato in un
numero limitato di siti . Il suolo più recente ha un età compresa tra l’età del
ferro (900-200 a.C., e più raramente dalla tarda età del Bronzo, circa 2300-900
a.C.) fino alla tarda età romana (circa VI sec. d.C.), e di esso sono
disponibili moltissime testimonianze. Questo suolo si trova in genere a
profondità comprese tra 2 e 5 m al di sotto della città odierna e presenta una
porzione superiore di colore marrone scuro, spessa generalmente 30 centimetri,
caratterizzata dal maggior contenuto di materia organica e dalla lisciviazione
dei carbonati (orizzonte A). Al di sotto è presente l’orizzonte B,
caratterizzato da un colore complessivamente più chiaro dovuto al minor
contenuto di materia organica e, nella sua porzione inferiore, all’accumulo dei
carbonati.
All’interno dell’orizzonte A di questo suolo si rinvengono di frequente
manufatti e resti archeologici che testimoniano le varie fasi di occupazione del
territorio, che si sono succedute nell’arco di tempo in cui questo suolo è stato
esposto alla superficie prima del suo seppellimento (dall’età del ferro fino
alla caduta dell’Impero romano). Dato che la gran parte di questi rinvenimenti è
relativa al periodo romano, questo suolo sepolto viene qui indicato come
paleosuolo romano.
Nel momento della formazione del paleosuolo romano si verificarono condizioni
ambientali favorevoli allo sviluppo degli insediamenti . Il clima mite insieme
all’opera di regimazione delle acque fecero sì che per un lungo periodo non si
verificassero alluvionamenti importanti nella pianura bolognese. Furono questi
gli elementi predisponenti la formazione del suolo romano, il cui seppellimento
è invece il risultato della complessa interazione tra variazioni climatiche ed
eventi storici.
DEPOSITI POST ROMANI
La carta mostra la tipologia e la distribuzione dei sedimenti che hanno
seppellito il paleosuolo romano e che sono, a loro volta, ricoperti dagli
edifici e dalle strade della città odierna. Questa carta è stata realizzata
interpretando e correlando tra loro le numerose informazioni geologiche presenti
nell’area urbana bolognese, quali soprattutto sondaggi e scavi eseguiti per le
fondazioni degli edifici e delle infrastrutture cittadine. In ciascuno dei punti
analizzati è stata individuata la profondità del paleosuolo romano, e si è poi
valutato lo spessore e il ti po dei sedimenti presenti al di sopra di esso.
Si tratta di ghiaie, sabbie alternate a limi e limi alternati ad argille, la cui
distribuzione nel sottosuolo non è casuale. I depositi ghiaiosi identificano le
zone in cui scorrevano i corsi d’acqua principali. Le ghiaie del Reno, a ovest,
interessano quasi tutta l’estensione della carta, mentre nella parte orientale i
depositi ghiaiosi del Savena si assottigliano verso nord, lasciando spazio ad
ampie porzioni occupate da depositi sabbioso-limosi che testimoniano le
divagazioni del torrente nella pianura. Tra il Reno e il Savena, il primo
sottosuolo cittadino è invece occupato prevalentemente da limi e argille che
rappresentano i depositi di piana inondabile dei rii che scendono
dall’Appennino. In questa zona sono presenti anche sottili corpi ghiaiosi e
sabbioso-limosi, che indicano i possibili percorsi del Rio Meloncello e dei
torrenti Ravone, Griffone e Aposa (quest’ultimo individuato unicamente nel
settore a nord del centro storico). Limi e argille di piana inondabile sono
anche presenti lateralmente al percorso del Reno e del Savena e testimoniano le
zone topograficamente più depresse, dove decantavano i sedimenti più fini.
Nell’area occupata dalla città romana, dove la presenza antropica è stata
pressoché costante fino ad oggi, i depositi alluvionali sono assenti e sul
paleosuolo romano poggiano esclusivamente depositi antropici che testimoniano
l’evoluzione nel tempo del tessuto urbano bolognese. Nella restante parte del
centro storico, ad esclusione della zona nordoccidentale, coesistono nel
sottosuolo prevalenti depositi antropici e sporadiche testimonianze di
alluvionamenti.
Il seppellimento del paleosuolo romano è avvenuto, all’incirca tra il V e il IX
secolo dopo Cristo, in un contesto di significativo deterioramento climatico.
Dopo un lungo periodo di clima favorevole, che consentì la formazione del
paleosuolo romano, si registra un incremento delle precipitazioni nell’intera
area mediterranea e nel nord Europa che si traduce, nella Pianura Padana, in una
maggiore propensione dei corsi d’acqua all’esondazione.
In questo periodo, una complessa successione di eventi storici porta ad un
aumento generalizzato della vulnerabilità del territorio. L’assenza di
manutenzione della rete idrografica, dovuta alla mancanza di un quadro organico
di governo del territorio per la crisi economica e sociale dell’Impero romano, e
la concomitante situazione climatica sfavorevole si tradussero in disastrose
esondazioni. Il succedersi di queste esondazioni determinò il forte accumulo di
sedimento al di sopra del paleosuolo romano che risulta oggi sepolto da ingenti
spessori (fino a 9 metri) di materiale di origine alluvionale.
GLI AMBIENTI DEPOSIZIONALI FLUVIALI
I sedimenti presenti nel sottosuolo di Bologna sono stati deposti in
ambienti simili a quelli che attualmente compongono la pianura bolognese e che,
nel loro insieme, definiscono un ambiente fluviale. All’interno di questo
ambiente possiamo distinguere: il canale fluviale, il sistema degli argini e
delle rotte fluviali e la piana inondabile.
La sedimentazione al di fuori del canale fluviale ha luogo quando, a seguito di
un evento di piena, le acque di un fiume superano gli argini e allagano la
pianura circostante rilasciando il sedimento che trasportano. La parte più
grossolana (sabbie fini e limi sabbiosi) viene depositata vicino al canale
fluviale e contribuisce allo sviluppo verticale dell’argine, mentre la parte più
fine (limi e argille) decanta nella piana inondabile. In un successivo evento di
piena le acque, oltre che tracimare dagli argini, possono romperli in un punto e
formare un ventaglio di canali effimeri (ventaglio di rotta). La deposizione di
sedimento avviene anche all’interno del canale fluviale, dove i depositi più
grossolani presenti nel sistema fluviale (ghiaie e sabbie) si accumulano sotto
forma di barre.
Le ricostruzioni geologiche del sottosuolo nelle zone di pianura alluvionale si
basano sull’osservazione degli ambienti fluviali attuali e vengono condotte
attraverso lo studio di scavi e carotaggi. La distribuzione dei sedimenti e la
geometria degli strati permettono di ricostruire nel sottosuolo gli ambiente
fluviali del passato, mostrandoci come questi si sono modificati nello spazio e
nel tempo. Ghiaie e sabbie medio-grossolane organizzate in corpi sedimentari
lenti formi, di spessore plurimetrico e con base tipicamente concava, vengono
interpretati come depositi di canale. Caratteristica di questi depositi è
l’organizzazione interna secondo una stratificazione, denominata dai geologi,
orizzontale o incrociata ad alto angolo, che è il risultato dell’azione delle
correnti all’interno del canale fluviale. Sottili alternanze ritmiche di sabbia
fine e limo rappresentano i depositi di argine, mentre i depositi di piana
inondabile sono formati da limo e argilla, spesso ricchi di sostanza organica.
La geologia del sottosuolo della pianura bolognese evidenzia come, nelle ultime
migliaia di anni, la distribuzione degli ambienti fluviali abbia subito diverse
modificazioni. Queste avvenivano soprattutto durante periodi particolarmente
piovosi, quando il reti colo idrografico diventava instabile e i fiumi potevano
variare il loro percorso in un contesto che, in epoca preistorica, era
completamente naturale.
Il primo sistematico progetto di governo delle acque iniziò in epoca romana, con
la regimentazione dei corsi d’acqua e la bonifica delle aree paludose. A seguito
della crisi economica e demografica che accompagnò la caduta dell’Impero romano,
si verificò una prolungata assenza di interventi ed opere idrauliche, che
divennero invece via via sempre più importanti a parti re dall’XIII - XIV
secolo. Da questo momento in poi l’uomo, per proteggersi dalle esondazioni dei
fiumi, li ha confinati e ristretti in arginature artificiali, alte fino ad una
decina di metri rispetto alla pianura circostante. Oggi questi argini
artificiali si innalzano sul panorama piatto della pianura emiliano–romagnola, a
testimonianza di quanto sia rilevante il nostro controllo sulla dinamica
naturale dei corsi d’acqua.
LA SEZIONE GEOLOGICA LUNGO LA VIA EMILIA
Il sottosuolo della città di Bologna è costituto da ingenti spessori di
depositi alluvionali, risultato dell’attività dei corsi d’acqua provenienti
dalla vicina catena appenninica. Ghiaie, sabbie, limi e argille sono presenti
nel sottosuolo di Bologna per centinaia di metri di profondità.
La sezione geologica, tracciata grosso modo lungo la via Emilia, si spinge sino
a circa 35 metri di profondità. La forte esagerazione della scala verticale (40
volte maggiore di quella orizzontale) permette di apprezzare la differenza di
quota topografica tra la parte orientale (più elevata) e la parte occidentale
della città, nonché la posizione rilevata occupata dal centro storico.
La sezione mostra chiaramente come le ghiaie e le sabbie si concentrino alla
periferia della città, qui depositate dal Fiume Reno e dal torrente Savena. Il
sottosuolo del centro storico, al contrario, è costituito unicamente da argille,
limi, e da rari e isolati corpi sabbiosi o ghiaiosi depositati dai rii minori.
La distribuzione delle ghiaie nel sottosuolo, che registra la posizione dei
corsi d’acqua nel passato geologico, mostra come il Reno e il Savena si siano
avvicinati più volte al centro storico della città senza però mai attraversarlo.
È proprio in quest’area, maggiormente protetta dalle alluvioni, in virtù di una
posizione topograficamente rilevata, che venne fondata la colonia romana di
Bononia.
Nel dettaglio, la sezione mostra, dall’alto, un sottile spessore di depositi
antropici, corrispondenti principalmente ai sottofondi stradali e alle
fondazioni nonché a macerie, manufatti e resti di edifici. La linea rossa
sottostante, che attraversa tutta la sezione, indica il paleo suolo romano, la
cui osservazione diretta (nei sondaggi o scavi) è segnalata dai triangoli neri.
I depositi immediatamente al di sopra di questa superficie sono quelli descritti
dalla Carta dei depositi post-romani. La linea verde rappresenta il suolo
neoliti co–eneoliti co che è individuato solo in un piccolo settore del
sottosuolo del centro storico e nell’area compresa tra il Savena attuale e
quello di età romana. La linea gialla indica il paleosuolo che segna il
passaggio tra l’Olocene e il Pleistocene (circa 10.000 anni fa). Questo
paleosuolo è stato individuato nella parte centrale del sottosuolo cittadino,
all’interno dei depositi argilloso-limosi di piana inondabile; lateralmente si
interrompe, a ovest e a est, contro le ghiaie fluviali del Reno e del Savena.
La carta sarà in vendita al prezzo di € 5,00 all’Archivio
Cartografico della Regione Emilia-Romagna
Bologna, Via Aldo Moro 28-30
tel. 051.5274326 - 051.6493230
e-mail:
archiviocart@regione.emilia-romagna.it
http://geoportale.regione.emilia-romagna.it/it/mapshop/
Orario di apertura al pubblico: da lunedì a venerdì, ore 9:00 - 16:00
Autobus: dalla Stazione FS: 35 - dal centro: 28