sabato 14 ottobre 2017, dalle ore 10
Inaugurazione del Parco della Villa Rustica Romana
Alle ore 10,
nella Sala Consiliare del Comune di Sant'Agata Bolognese, presentazione delle fasi di lavoro per la realizzazione
del Parco "Villa Rustica Romana" di Via Don Dossetti sorto sulle tracce degli
Scavi Archeologici
Intervengono Giuseppe Vicinelli, Sindaco di Sant'Agata
Bolognese, Walter Guiduzzi, Partecipanza Agraria, Tiziano Trocchi,
Soprintendenza archeologia, belle arti e Paesaggio di Bologna, e Silvia Marvelli, Museo
Archeologico Ambientale.
Alle ore 11, percorso a piedi verso il Parco "
Villa Rustica Romana" e alle ore 11,30 inaugurazione del Parco con taglio
del nastro e visita alla nuova vasca di laminazione
Parco della Villa Rustica Romana, Via Don Dossetti a Sant'Agata Bolognese (BO)
Tra la primavera e l’estate del 2013, i sondaggi preliminari condotti in via Don
Dossetti, nel comune di Sant’Agata Bolognese, in un’area destinata alla
realizzazione di un nuovo ambito residenziale di proprietà della Partecipanza
Agraria di Sant’Agata Bolognese, hanno portato in luce un importante sito
archeologico di età romana.
Il sito, indagato estensivamente su un’area di circa 2.100 mq, ha restituito
un'ingente porzione di un grande complesso produttivo ascrivibile ad una villa
rustica di età romana (prima e piena età imperiale), perfettamente inserito
all’interno della centuriazione romana e immediatamente prossimo a un importante
corso d’acqua, con materiali che ne documentano le molteplici attività svolte
quotidianamente in antico e un pozzo idrico.
Le indagini archeologiche sono state condotte sotto la Direzione scientifica
della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna,
archeologo Tiziano Trocchi,
ed eseguite in stretta
collaborazione con il
Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto, il Comune di Sant’Agata
Bolognese e la Partecipanza Agraria di Sant’Agata Bolognese; parallelamente allo
scavo, è stata svolta un’attività formativa sul campo con gli studenti dell'Istituto Statale di Istruzione Superiore ISIS
“Archimede” di San Giovanni in Persiceto, liceo classico e scientifico.
Sant'Agata Bolognese - Panoramica della villa rustica di età romana
Alla profondità di circa 40-60 cm dal piano di campagna attuale, fortemente
compromessi da arature, scoline e lavori agricoli ma ancora ben leggibili, erano
conservati tratti di sottofondazioni murarie in pezzame laterizio che hanno
consentito di ricostruire quasi interamente l’assetto planimetrico
dell’edificio.
Attorno a una corte di forma pressoché quadrata, interamente perimetrata da murature contraffortate, si sviluppavano un’ala orientale che
conteneva fondazioni di strutture legate ad attività produttive (una grande
piattaforma rettangolare per alloggiare probabilmente una vasca, la base di un
torcular usato per la spremitura dell’uva) e un settore settentrionale con 4
vani di piccole dimensioni di incerta funzione, ma riconducibili ad attività di
servizio al complesso, cui si appoggiava una vasta zona porticata caratterizzata
dalla presenza del doliarium (4 dolia interrati conservati e 6 buche per altri
recipienti rimossi in antico). Specifiche analisi scientifiche potranno chiarire
l’utilizzo e il contenuto dei dolia rinvenuti.
Il perimetro murario della corte, che collegava tra loro gli edifici e
racchiudeva lo spazio interno sui lati nord, est e sud, lasciava intendere una
sua prosecuzione fuori proprietà nei terreni adiacenti sul lato occidentale. In
particolare nella parte ovest, proprio ai margini dell’area indagata, la
fondazione del perimetro murario assumeva un andamento obliquo, quasi a
suggerire un collegamento forzato con altri edifici o con un ingresso alla
corte. L’unico varco individuato nella perimetrazione della corte, infatti, era
sul lato est, interpretabile come accesso di servizio in quanto direttamente
prospiciente soltanto ad un paleoalveo (antico corso d’acqua) individuato
durante i sondaggi preliminari e visibile anche da foto satellitari, che ad
alcuni metri di distanza limitava tutto il fronte orientale esterno
all’edificio.
Alcune brocche integre in ceramica comune depurata, alcune con decorazioni,
sovradipinture e segni graffiti
Grazie all’analisi preliminare del materiale archeologico recuperato, il
complesso indagato, pur non conservando a causa delle attività agricole né i
piani di uso né i livelli di frequentazione e abbandono, può essere
cronologicamente inquadrato tra la seconda metà del I sec. a.C. e almeno il
pieno III sec. d.C. Tra i materiali recuperati, oltre a numerosi frammenti
ceramici di vasellame da mensa in terra sigillata (4 esemplari con bolli) e in
ceramica a pareti sottili, all’anforame e ai dolia, si segnalano alcune
esagonette, pesi da telaio, un mortaio fittile,
frammenti in vetro e due monete,
una delle quali databile al 43 a.C.
L’analisi della struttura delle sottofondazioni ha consentito di individuare due
fasi costruttive, probabilmente collocabili a breve distanza temporale l'una
dall'altra, la prima comprendente l’intero complesso descritto, la seconda la
sola ala orientale.
Circa al centro del complesso indagato è stato individuato un pozzo per approvvigionamento idrico. La camicia, realizzata interamente in laterizio con prevalenza di pezzame adattato in opera (mattoni e tegole) nella parte superiore e di mattoni puteali (ad arco di circonferenza) nella parte inferiore, ha il diametro interno variabile di 90-100 cm, quello esterno di circa 130 cm e una profondità dal piano conservato di 9,20 m. Sul fondo, al termine della camicia laterizia, è stata individuata una buca di approfondimento che portava la massima profondità del riempimento del pozzo a -9,70 m dal piano iniziale (-10,20 m dal piano di campagna attuale).
Due immagini del pozzo in fase di scavo
I riempimenti del pozzo (17 unità stratigrafiche, con almeno 3 livelli di
fondo) erano a matrice prevalentemente argillosa e compatta, nella parte alta, e
sempre più limosi e sciolti man mano che si procedeva verso la parte inferiore.
Questi riempimenti, tra cui è stato recuperato anche un carapace di tartaruga,
si sono rivelati ricchissimi non solo di elementi vegetali (rami, fogliame,
fiori, semi/frutti tra cui ghiande, noci, nocciole, acini d’uva, ecc.), ma in
alcuni punti anche di frammenti laterizi precipitati (tegole, mattoni, coppi).
A partire dai m. 5,20 di profondità dalla testa del pozzo e con buona continuità
fino al fondo, essi contenevano numerosi manufatti (ben 104 reperti notevoli),
tutti in eccellente stato di conservazione, tra cui numerose brocche integre in
ceramica comune depurata (alcune con decorazioni, sovradipinture e segni
graffiti), recipienti in bronzo/rame con evidenti segni di restauro antico, un
coltello in ferro, un pettine in legno, fondi di secchi in legno, resti di
cordame vegetale, due ganci ad ancora a tre denti in metallo con catena o anelle
di fissaggio (usati in antico per il recupero dei recipienti), una zappetta in
metallo con resti del manico in legno, un grande cucchiaio in legno, altri
piccoli oggetti in metallo, legno e pietra e numerosi altri frammenti di
recipienti in ceramica comune, in terra sigillata, in ceramica a pareti sottili
ed in vetro.
Da una prima sommaria analisi dei materiali rinvenuti, il pozzo presentava sul
fondo ceramiche che ne daterebbero la creazione e il primo utilizzo alle fasi di
costruzione dell’edificio rustico di pertinenza (seconda metà del I sec. a.C. –
I sec. d.C.), con successive fasi di utilizzo per approvvigionamento idrico e di
intenzionale nascondiglio di oggetti in momenti di instabilità politica che
sembrano protrarsi fino all’età tardoantica (VI-VII sec. d.C.).
Alcune brocche in ceramica e un fondo di secchio in legno rinvenuti all'interno
del pozzo
L’attività di scavo archeologico è stata caratterizzata da una prima fase di
pulitura manuale di tutte le strutture di fondazione conservate e relativi
piani, al fine di evidenziare al meglio tracciato e tecnica costruttiva, cui è
seguita una seconda fase di scavo integrale o parziale delle principali
strutture emerse e di esecuzione di sondaggi mirati al fine di recuperare
ulteriori informazioni.
La terza fase ha visto lo smontaggio mirato di alcune strutture significative,
anche in previsione di una futura esposizione/musealizzazione (tratti di
sottofondazione, basamento di vasca, pilastro, dolia) mentre nella quarta fase
dell’attività si è proceduto allo scavo integrale del pozzo, effettuato con
abbassamenti progressivi esterni alla struttura mediante mezzi meccanici e con
scavo manuale dei riempimenti terrosi (conservati in toto per ulteriori analisi)
e smontaggio manuale dell’intera camicia laterizia .
Ogni fase dell’indagine archeologica, sia quella relativa all’edificio che al
pozzo, è stata documentata in modo rigoroso e corredata da rilievi grafici e
fotografici. Sono state identificate più di 250 unità stratigrafiche e schedati
più di 120 reperti significativi. Tutti i materiali archeologici recuperati sono
stati stoccati in appositi contenitori, corredati dalle opportune indicazioni di
scavo e trasportati nei magazzini in attesa dei successivi
interventi di restauro e studio.
E’ stata anche effettuata una capillare campionatura archeobotanica per
macroresti (legni, carboni, semi, frutti), microresti (pollini) e datazione al
radiocarbonio (C14), sia presso le fondazioni dell’edificio e relativi piani
residui, sia nei riempimenti dei dolia e di altre strutture significative, sia
integralmente nel pozzo (riempimenti del taglio, camicia, riempimenti interni).
Le analisi di questi campioni potranno consentire una puntuale e approfondita
ricostruzione del paesaggio di età romana presente nell’area circostante
l’insediamento, evidenziando probabilmente anche dettagli fondamentali alla
comprensione della vita quotidiana e delle attività produttive svolte in questo
edificio di 2000 anni fa.
In occasione delle attività di scavo, inoltre, sono stati effettuati sondaggi a
mezzo meccanico per indagare i riempimenti del paleoalveo rinvenuto nel settore
orientale dell’ambito interessato dalla realizzazione dei nuovi edifici ad uso
residenziale. L’intervento ha evidenziato una serie di riempimenti dell’alveo
fino almeno alla profondità di 7,20 m dal p.d.c. attuale, localmente molto
ricchi di materiale organico (legno, malacofauna, ecc.); in uno strato piuttosto
superficiale del riempimento sono state occasionalmente rinvenute 2 scuri in
ferro ad alabarda, intere, di età altomedievale (in particolare IX sec. d.C.).
Anche in questo caso, le analisi archeobotaniche potranno chiarire la cronologia
dei depositi di riempimento dell’alveo e dare un quadro ambientale vasto e
completo tra l’età romana ed il Medioevo.
Zappetta in metallo con resti del manico in legno rinvenuta nel riempimento del
pozzo