Il Progetto di Valorizzazione dei siti archeologici presenti nel Parco
Situato sulle prime pendici collinari, a breve distanza dall'area
metropolitana bolognese, il Parco regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi
dell'Abbadessa riveste grande interesse naturalistico per la presenza di un
esteso sistema carsico gessoso e, nel settore orientale, degli spettacolari e
selvaggi Calanchi dell'Abbadessa. Nel territorio protetto si trovano però anche
notevoli testimonianze storiche dell'insediamento umano, la cui tutela rientra
tra le finalità specifiche del Parco. In questa ottica si colloca il progetto di
“Valorizzazione dei siti archeologici presenti nel Parco” che si pone come
obiettivo la valorizzazione degli aspetti di interesse paleontologico ed
archeologico presenti sul territorio.
Il territorio del Parco dei Gessi Bolognesi, in Comune di San Lazzaro di Savena
(BO)
L'area di via Montebello
In seguito ad indagini eseguite a cura della Soprintendenza, in
collaborazione con il Comune di San Lazzaro e il Museo Archeologico "Donini" di
San Lazzaro, su
di un'area sita lungo la via Montebello, sulla sinistra idrografica dell'Idice,
era stata rilevata la presenza di un importante insediamento romano e la stessa
Soprintendenza aveva sollecitato la prosecuzione degli scavi, ritenendo l'area
particolarmente meritoria. Il progetto ha previsto pertanto il completamento
delle indagini e la divulgazione dei risultati. Il progetto è stato seguito
direttamente dalla Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna tramite la dott.ssa Paola Desantis.
L'area della Ex Cava a Filo
E' stata presa in considerazione un'altra area del comune di San Lazzaro,
quella dell'ex “Cava a Filo”, in cui da tempo si auspicava la ripresa degli
scavi, in corrispondenza di un paleoinghiottitoio di straordinario interesse
paleontologico. La direzione dello scavo è stata affidata al prof. Benedetto
Sala, dell'Università di Ferrara.
La collaborazione con la Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, l'Università e il Museo della Preistoria “Luigi Donini”, ha
consentito di realizzare interventi sul territorio in forma coordinata, su
solide basi culturali e scientifiche, finalizzati a sviluppare le occasioni di
conoscenza e di visita sia al Museo che alle peculiarità ambientali e
storico-archeologiche presenti nel Parco.
Il progetto, di importo complessivo pari ad € 61.975, è stato finanziato
principalmente dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal
Comune di San Lazzaro di Savena e in misura minore dagli altri enti consorziati
(Comuni di Bologna, Pianoro e Ozzano Emilia, Comunità Montana 5 Valli
Bolognesi).
L'impianto rustico romano rinvenuto in via Montebello, località Pizzocalvo, a
San Lazzaro di Savena: ipotesi ricostruttiva dell'alzato con scene di vita
quotidiana (disegno di Claudio Negrelli)
Dalla tutela alla valorizzazione: un cammino da percorrere insieme
Le attività di tutela sono primario compito delle Soprintendenze, ma non
certo esclusivo. E' evidente che non si possono tutelare i nostri beni,
archeologici e, più in generale, culturali, senza conoscerli. Va da sé quindi
che la tutela non può essere disgiunta dallo studio, volto a recuperare alla
conoscenza e rendere parlanti quelle testimonianze del nostro passato che
riemergono, o per eventi fortuiti o per ricerche mirate. I dati che questi
oggetti -o resti- archeologici ripropongono alla nostra attenzione arricchiscono
la trama via via sempre più fitta della storia di un territorio, avvicinandoci
alle sue vicende e vocazioni passate. Tutto ciò sarebbe destinato a rimanere
racchiuso entro i limiti di un gruppo ristretto, quello dei cosiddetti “addetti
ai lavori”, se non fosse in costante crescita l'intenzione, l'interesse, la
passione dunque di comunicare e rendere parlanti questi viaggi attraverso il
tempo ad una comunità sempre più diffusa.
Dei tre imperativi che sono alla base dell'approccio al bene culturale,
conoscere, conservare, comunicare, oggi è dunque proprio la comunicazione,
troppo a lungo trascurata, ad attirare massima attenzione e impegno. I metodi
della comunicazione, tanto più diversificati quanto più efficaci, conducono allo
scopo finale: valorizzare al meglio le testimonianze archeologiche, rendendole
parte di un processo di apprendimento cognitivo, ma anche emotivo, che
aumentando la consapevolezza dei fenomeni storico-sociali sostanzierà quel senso
di identità ed appartenenza, così fondamentale per la costruzione della
personalità dell'individuo.
La vicenda del sito archeologico di Montebello appare emblematica di questo
processo. Se infatti la fortuità del ritrovamento ha potuto contare
sull'attenzione di volontari appassionati, i successivi interventi di scavo e
ricerca guidati dalla Soprintendenza e sostanziati dalle Istituzioni cittadine
(Museo Archeologico e Parco dei Gessi) sono stati seguiti con interesse dalla
comunità locale, opportunamente coinvolta ed informata.
L'obiettivo della valorizzazione di quanto ritrovato è stato dunque già in parte
conseguito, facendone conoscere aspetti e problematiche anche senza mantenere in
vista le strutture scavate. In attesa di portare avanti di pari passo ricerca e
comunicazione si può dunque sottolineare come l'efficacia del metodo sia stata
collaudata e l'ipotesi di aver gettato le giuste basi per una valorizzazione
anche storico archeologica del parco è, forse, più che un auspicio.
L'impianto rustico romano di via Montebello a San Lazzaro (località
Pizzocalvo)
L’impianto è situato sulla riva sinistra del torrente Idice, in un sistema
di terrazzi alluvionali che hanno fornito altre tracce di antropizzazione
antica: il popolamento sparso che caratterizzava questa zona nei periodi
precedenti all'età romana si è concretizzato in un accentramento di insediamenti
localizzati in aree ottimali dal punto di vista geomorfologico. Il rustico di
via Montebello, che si colloca al centro del Parco dei Gessi, evidenzia come
questa parte del territorio abbia rivestito un ruolo importante per lo
sfruttamento agricolo della zona e molto probabilmente anche per il controllo
dei traffici commerciali che si svolgevano tra l'Emilia e l'Etruria, lungo la
valle dell'Idice. L'area occupata dal sito archeologico, oggi completamente
interrato, è un campo in pendenza verso est, di circa 1200 mq. Il campo risulta
delimitato a nord da una cavedagna, a ovest dalle pendici collinari, a sud da
una canaletta di scolo che dalle colline scende verso il fiume Idice e ad est
dalla stessa via Montebello.
L'indagine del sito, ancora da ultimare, è stata effettuata nel corso di due
campagne di scavo eseguite nel 2001 e nel 2007, sovvenzionate rispettivamente
dal Museo Archeologico di San Lazzaro e dal Parco dei Gessi Bolognesi e svolte
sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell'Emilia Romagna a cura de “La Fenice Archeologia e Restauro” s.r.l. Lo scavo
archeologico ha portato in luce un impianto rustico costituito da più vani dei
quali uno adibito a magazzino con dolii interrati per la conservazione delle
derrate alimentari.
Più a monte rispetto all'area del rustico di via Montebello, e di particolare
importanza per questo territorio, è la villa romana individuata all'inizio degli
anni settanta a Roncadello di Sotto, località anch'essa situata sulla sinistra
del torrente Idice. L'impianto di Roncadello è costituito da una complessa
articolazione di ambienti che sono stati frequentati per un lungo periodo
inquadrabile tra il I il IV secolo d.C. Il materiale rinvenuto nello scavo della
villa, tra cui ricordiamo un dolio ed alcuni frammenti di macina, ne testimonia
la destinazione prettamente agricola
Lo scavo archeologico
L’impianto romano risulta costituito da più ambienti, le cui strutture
murarie sono state individuate, al di sotto del terreno arativo, per lo più a
livello delle fondazioni.
Verso sud risulta delimitato dal muro dell’ambiente A e in prosecuzione
da una struttura muraria in grandi ciottoli di fiume che poteva avere anche una
funzione di contenimento.
Verso ovest il limite dell’impianto rustico è costituito da un muro che
delimita i vani A, B e C caratterizzato esternamente dalla presenza di tre
lesene in frammenti laterizi con probabile funzione di rafforzamento
dell’alzato. L’area esterna a questo muro, come pure quella esterna al lato
nord dell’impianto, è caratterizzata da uno strato di crollo che fornisce
informazioni sul tipo di alzato e di copertura.
Il settore est dell’insediamento era caratterizzato, con tutta
probabilità, da una o più aree cortilizie. Su questo lato il limite
dell’impianto non è ancora ben definito se non dal repentino esaurirsi delle
tracce antropiche che si verifica a circa una decina di metri di distanza
dall’insediamento rustico..
Nel loro complesso le fondazioni individuate, almeno in parte spoliate in
antico, sono realizzate con ciottoli di medie e grandi dimensioni miste a
frammenti laterizi legati con argilla. Ai ciottoli fluviali che caratterizzano
tali fondazioni si appoggiavano gli alzati in laterizi e incannicciato.
La presenza di quattro dolii all’interno dell’ambiente B qualifica quest’ultimo
come un magazzino nel quale venivano tenute in serbo le derrate alimentari di
vario tipo (vino/granaglie?). I dolii sono tutti parzialmente conservati e
interrati per circa 50/60 cm. Uno dei dolii presenta un restauro antico, molto
ampio, compiuto con una saldatura in piombo. Un secondo è caratterizzato al suo
interno da numerosi frammenti di argilla cotta con evidenti tracce di
incannucciato che venivano utilizzate per costruire gli alzati delle pareti. Le
dimensioni dei dolii variano da un diametro minimo di circa 80 cm ad un diametro
massimo di 1,40 m. Sempre in questo ambiente sono stati individuati, oltre a
molti frammenti di dolii, anche molti frammenti di piombo, probabilmente
utilizzato per il restauro degli stessi e molte tracce di concotto e di terreno
rubefatto dall’azione del fuoco.
L’ambiente C, caratterizzato da un pavimento in esagonette di piccole dimensioni
di cui si conservano alcuni lacerti unitamente a tutto il cocciopesto di
sottofondo, era probabilmente adibito alla lavorazione di prodotti agricoli. Lo
scavo del muro che separa l’ambiente C dall’ambiente B ha evidenziato uno
stipite che ha permesso di ipotizzare la presenza di una soglia.
Lo studio dei dati di scavo ha permesso di individuare almeno tre fasi
insediative che caratterizzano la vita del rustico romano ascrivibili ad un
periodo compreso tra il I e il II secolo d.C.
Una veduta generale dell'ambiente B con i dolii interrati
per
informazioni:
Parco regionale Gessi Bolognesi e
Calanchi dell'Abbadessa
Via Jussi 171, località Farneto
San Lazzaro di Savena (BO)
tel. (+39) 051 6254811
parco@parcogessibolognesi.it
www.parcogessibolognesi.it