Bologna, 22 gennaio 2007
- Dall’entroterra
trevigiano a Rimini, per essere restaurato negli stessi cantieri dove
vide la luce, poco più di un secolo fa. Il suo ultimo viaggio -almeno
per ora- il trabaccolo "Marin Faliero" lo farà su gomma. Tra qualche
giorno sarà issato su un veicolo a sei assi che, viaggiando soprattutto
di notte, percorrerà ai 40 all'ora i 300 chilometri che separano i cantieri della
Nautica Biondi a Casale sul Sile, in provincia di Treviso, dal
cantiere Gori di Rimini, dove i maestri d'ascia cercheranno di
riportarlo all'antico splendore.
Ma questa storica imbarcazione da trasporto, unica superstite di una
gloriosa dinastia che per circa due secoli ha rappresentato il
principale mezzo per il cabotaggio delle merci tra le coste adriatiche,
ha rischiato davvero tanto.
Poco considerato dai suoi ultimi armatori -gli imprenditori trevigiani Panto che l'acquisirono
nel 1992 con l'isola di Crevan,
nella Laguna Nord di Venezia, intestandone la proprietà alla Teodolinda s.r.l.- il Marin Faliero era poi stato trasferito
a Treviso dove giaceva da anni semisommerso lungo il corso del Sile. È stato
proprio questo stato di abbandono che ha permesso a Nausicaa, il
Nucleo Archeologia Umida Subacquea Centro Alto Adriatico
(Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche) afferente alla Soprintendenza per i Beni Archeologici
del Veneto, di salvarlo. L’essere semi-affondato e in stato di incuria ha
fatto si che l’imbarcazione passasse dallo stato di “bene etnografico” a
quello di “relitto”, il che ha permesso alla Soprintendenza di
avviare le pratiche per la notifica di "bene culturale di interesse
nazionale". Il Trabaccolo "Marin Faliero" -spiega Luigi Fozzati,
direttore di Nausicaa- è oggi l'ultimo ed unico testimone della grande
tradizione navale adriatica e la sua perdita rappresenterebbe un danno
culturale senza pari. Questa imbarcazione è un unicum e il suo
recupero è importante sotto il profilo storico-archeologico: i dati
archivistici, documentari e storici non possono supplire alla
conservazione di quello che è un autentico "reperto" che ha segnato la
storia economica dell'Adriatico per quasi due secoli. Nell'Ottocento,
dei 300 trabaccoli naviganti nell'Adriatico almeno la metà erano nel
porto di Rimini. Il "Marin Faliero" è l'ultimo del XIX secolo esistente
in tutto il Mare Adriatico (gli altri due trabaccoli ancora esistenti
sono stati costruiti nel XX secolo).
Varato il 15 luglio 1899, il Marin Faliero era stato costruito a
Rimini nel cantiere di Domenico Magnani (dati dai registri del
Compartimento Marittimo di Rimini). Ironia della sorte, il
trabaccolo porta il nome proprio del Doge che, prima di diventare la
massima carica della Serenissima, fu potestà di Treviso, l’unico a non
avere il ritratto nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale per
aver tramato contro la Repubblica di Venezia (tradimento che gli
costò la testa venerdì 17 aprile 1355).
Lungo 21,50 metri, largo 5,60 e con una portata di 70 tonnellate, il Marin Faliero è il tipico trabaccolo da trasporto, di costruzione
semplice, ad un solo ponte e con due alberi armati con vele al terzo. A
partire dal 1800 questo tipo di imbarcazione si era imposta come mezzo
ideale per il trasporto di merci povere tra le due sponde dell'Adriatico
(carbone, legna, pietre, ghiaia,
sabbia, cocomeri, farina, talvolta botti di vino). Agile nelle manovre e
sicuro in mare, il trabaccolo aveva l’ampia prora decorata da due grossi occhi
apotropaici che resteranno sempre la sua caratteristica più vistosa.
Visto l'interesse nato attorno a questo cimelio e in attesa della
notifica da parte della Direzione Regionale per i beni culturali e
paesaggistici del Veneto, la proprietaria
Teodolinda s.r.l. si è dichiarata disponibile alla donazione del
trabaccolo che ora rientrerà a Rimini per il restauro. Una scelta più
che condivisa anche da Luigi Fozzati che ritiene “giusto che ritorni dov’è stato
costruito e dove c’è un tessuto sociale e culturale pronto a prendersene
amorevolmente cura”. Da anni infatti l’Associazione Vele al Terzo di
Rimini lavora per riportare il Marin Faliero nella sua città natale,
anche grazie ai contributi di cittadini e di Romagna Acque, Provincia di
Rimini, CNA, CBR e Fondazione Carim.
Ora il Marin Faliero sarà affidato
alle capaci mani dei “sarti della nautica” del cantiere Gori
di Rimini che eseguiranno il
restauro sotto la direzione scientifica delle due Soprintendenze
Archeologiche coinvolte nel progetto (Veneto ed Emilia-Romagna).
Difficile dire se, come auspicano i riminesi, si riuscirà a renderlo
nuovamente navigante. Certo è che, dopo averne scongiurato la
distruzione, il ritorno a Rimini del Marin Faliero è un evento
straordinario per la città e una grande opportunità per
promuoverne la storia e tradizione marinara.
Bologna, 26 gennaio 2007 - Aggiornamento
A causa di un problema tecnico, è stato rimandato a data da destinarsi
il rientro a Rimini del Marin Faliero che comunque, dal pomeriggio di
ieri, è parcheggiato all'interno dei Cantieri Biondi di Casale sul Sile
(TV).
Le operazioni di ripescaggio sono iniziate ieri di primo mattino. Erano
presenti il direttore di Nausicaa Luigi Fozzati, che coordinava numerosi
sub del suo team, i maestri d'ascia Natale e Manuel Gori (titolari
dell'omonimo cantiere navale di Rimini che eseguirà il restauro),
tecnici dell'Associazione Vele al Terzo di Rimini e un cospicuo numero
di Vigili del Fuoco.
Dopo aver imbragato il Marin Faliero, alle 10 del mattino due gru da 40
tonnellate dei vigili del fuoco di Treviso hanno iniziato a sollevarlo
dalla banchina dove giaceva semi-affondato, operazione effettuata con
molta lentezza per consentire il deflusso dell'acqua che lo riempiva;
alle 3 del pomeriggio il trabaccolo era completamente fuori dall'acqua.
A una prima rapida occhiata, Fozzati si è dichiarato abbastanza
soddisfatto dello stato di conservazione dello scafo.