Otium,
cura dello spirito e piaceri del corpo: l’arte di vivere nelle domus d’età
imperiale
È questo l’affascinante tema della prossima grande esposizione di RavennAntica nel Complesso di San Nicolò: la mostra sarà aperta al pubblico dal 15 marzo al 5 ottobre 2008
L’otium ha sempre suscitato sentimenti contrapposti. Condannato a più riprese e poi bandito dalla cultura industrialista, per secoli è stato nell’impero romano uno stile di vita elevato, considerato di pari valore rispetto al negotium. Insomma, per i cittadini dei primi secoli dell’era cristiana vita pubblica e vita privata erano sullo stesso piano, in perfetto equilibrio. Noi moderni, invece, siamo sempre più schiavi del negotium, degli affari, degli impegni, della velocità. Viviamo una vita squilibrata e nevrotica. Quest’antitesi radicale fra l’antico e il moderno, rende estremamente interessante e godibile il tema della mostra che RavennAntica, Comune di Ravenna e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna organizzano nel Complesso di San Nicolò dal 15 marzo al 5 ottobre 2008: “Otium. L’arte di vivere nelle domus romane di età imperiale”. L’esposizione è curata dal medievalista Carlo Bertelli e dal Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna Luigi Malnati.
L’esposizione illustra la vita nelle domus e nelle villae dei ceti più abbienti nel periodo che va dal I al III secolo dopo Cristo. Per le classi dominanti dell’epoca, l’otium è un complesso di attività intellettuali e meditative, ricreative e ristoratrici che rappresenta non solo un bisogno essenziale, ma anche un elemento caratterizzante dello stile di vita, della libertà personale, della tempra morale. Lungi dall’essere disprezzato e demonizzato, l’ozio era considerato come essenziale libertà e come completamento rispetto agli obblighi del lavoro e agli impegni di carattere pubblico - ma non in contrasto con quelli - e quindi come possibilità di dedicarsi alla cura di sé. L’otium era lo spazio dell’anima e il luogo dei piaceri del corpo. Era arte di vivere. Una condizione privilegiata e invidiabile. La massima aspirazione per un uomo che fosse in grado di trovare il giusto equilibrio fra la dimensione pubblica e quella privata della vita.
Bocca da fontana a forma di anatra, fine I sec. a. C., bronzo. Modena, Museo
Civico Archeologico
L’otium s’identifica quindi con un ideale culturale e filosofico volto a
raggiungere la conoscenza come superiore valore etico e morale. Questo stile di
vita si riflette anche nel disegno delle abitazioni, domus o villae, pensate
come luoghi simbolici e di rappresentanza, che esprimono il rango sociale dei
proprietari. La natura intellettuale dei padroni di casa, il dominus e la
domina, si rivela nell’attenzione dedicata all’arredo: nella scelta dei
pavimenti e delle pitture parietali; nella collocazione di statue ed erme di
filosofi; nella cura del giardino e nell’elaborazione di fantasiosi esterni con
giochi d’acqua, getti di fontane e ninfei. I proprietari, in solitudine o in
compagnia, utilizzano questi ambienti per passeggiare e meditare, dedicarsi alla
lettura, alla conversazione, alla dettatura, in altre parole all’otium
intellettuale. Le stesse matrone sono protagoniste di queste attività dello
spirito, coltivando la musica, la pittura, la scrittura e altre attività
intellettuali.
Accanto alla cura dello spirito c’è poi la cura del corpo nelle terme private,
che fioriscono nelle villae di campagna e nelle domus di città, per soddisfare i
piaceri del corpo in un ambito di riservatezza. Presso gli antichi non mancano
naturalmente anche i momenti di svago e di gioco, sia dei bambini che degli
adulti: gli uni si dilettano con bambole e noci mentre gli altri preferiscono
dadi e astragali.
Corredo da gioco, III-IV secolo d.C. Sarsina, Museo Archeologico Nazionale (da
Sarsina, domus di via Finamore)
A partire da questo approccio storico-filosofico, la mostra Otium è organizzata come un complesso e intrigante racconto scandito da diverse sezioni tematiche: “La serenità intellettuale”; “Atrio, giardino, peristilio, ambulatio”; “Il rito dell’ospitalità”; “La vita alla terme”; “Gli spazi intellettuali femminili”; “Il gioco a tutte le età”; “La domus come luogo dell’otium”.
La mostra è allestita all’interno della splendida cornice di San Nicolò, con l’ausilio di ricostruzioni inedite di mosaici e di ambienti relativi a domus rinvenute nello scavo di via D’Azeglio a Ravenna - sottostanti la Domus dei Tappeti di Pietra - e dell’area termale della vicina villa di Russi. Importanti reperti giungono da altri siti archeologici della regione, in particolare da Rimini, con il bellissimo Orfeo citaredo che compare sull’immagine della mostra. L’apporto di Pompei e dell’area vesuviana è come sempre unico, al punto che una sezione di Otium è dedicata all’esposizione di splendide pitture pompeiane. Infine, di notevole rilievo sono le bambole come la famosa bambola di Crepereia Tryphaena che per la prima volta si può ammirare lontana dai Musei Capitolini di Roma.
DALLA TRYPHÈ DEGLI ETRUSCHI ALL’OTIUM DEI LATINI di Luigi Malnati
La cultura dell’otium degli strati sociali agiati nel tardo periodo repubblicano
e dei primi secoli dell’impero romano s’inserisce nell’eclettismo di origine
ellenistica, che trova il suo rappresentante più autorevole in Cicerone. L’otium
cui l’intellettuale, ma meglio sarebbe dire il “perfetto gentleman”, dell’epoca
aspira è un modello di vita che concilia buone letture filosofiche, gusto per
l’arte, esercizio fisico, vita sociale e conviviale e una partecipazione alla
politica che, con l’avvento del regime imperiale, si andrà trasformando in un
impegno nell’amministrazione civile e militare.
La posizione di Cicerone e di Sallustio riflette tuttavia il rammarico di uomini
che avevano avuto parte rilevante nel gioco politico romano e che erano stati
costretti dalle circostanze a ritirarsi a “vita privata” e a rifugiarsi nell’otium,
per quanto operoso. Già diversa è la posizione di Seneca, ormai in piena età
imperiale; l’otium per lui non è più solo un rifugio, ma è un ideale di vita,
l’unico degno dell’uomo colto, del raffinato intellettuale, in contrasto con la
degenerazione della vita civile, in cui prevalgono i “nuovi ricchi”.
Tuttavia, l’elogio di questo ideale di vita “filosofica”, che prendeva a modello
lo stoicismo e l’epicureismo, non era sempre stato un patrimonio tradizionale
della cultura latina. Anzi, in età repubblicana i Latini avevano come
riferimenti negativi popoli come gli Etruschi, che venivano accusati di avere
perso l’originaria virtù militare a vantaggio di uno stile di vita
eccessivamente dedito ai piaceri.
Il giudizio sprezzante sugli Etruschi come popolo dedito non solo al lusso e ai
piaceri (alla tryphé), ma all’immoralità sessuale e a costumi sfrenati e
imbelli, risente certamente di un giudizio che i Greci avevano elaborato da
tempo ma raccoglie anche tradizioni diffuse negli ambienti italici della tarda
età repubblicana.
In sostanza, il tema della tryphé etrusca non è solo un’invenzione della
propaganda greca ostile, ma affonda le radici in una più generale valutazione da
parte dei Romani e, certo, anche degli altri popoli italici di quella che era
stata la potenza del nomen etrusco, che aveva un tempo dominato l’Italia, ma che
poi aveva perso la sua forza e il suo prestigio.
Di potere e ricchezza facevano sfoggio i principes etruschi fino dalla fine
dell’VIII secolo e certamente nel VI secolo a.C. che rappresenta, con
l’affermarsi della monarchia etrusca a Roma, l’apogeo politico degli Etruschi in
Italia. Quando questo tenore di vita non trovò più corrispondenza con una pari
autorità politica, si diffuse da parte dell’élite romana una valutazione
spregiativa del loro modo di vivere.
E infatti c’è la reazione della classe dirigente romana a partire dalla presa di
potere oligarchica del V secolo. Tra le disposizioni delle XII tavole netta è
infatti la condanna delle manifestazioni esteriori del lusso, con il divieto di
esibizioni nelle cerimonie funebri.
Con l’espandersi della repubblica e nella fase di transizione all’impero, anche
nell’élite romana si diffondono nuovi stili di vita, che in parte vanno a
recuperare le tradizioni dell’aristocrazia etrusca. Inoltre, molte delle grandi
famiglie etrusche si erano progressivamente inserite nel tessuto del patriziato
romano e lo influenzavano.
In definitiva, si può dire che l’otium acquista dignità e diventa stile di vita
delle classi privilegiate grazie alla doppia influenza esercitata a Roma dalla
tradizione culturale etrusca e dalle concezioni filosofiche dell’ellenismo.